Alla bielorussa Svetlana Alexievich il Nobel Letteratura

Alla bielorussa Svetlana Alexievich il Nobel Letteratura
8 ottobre 2015

Sgradita al regime del suo Paese, certo non amata dai vertici russi, che lei accusa di essere fautori di una “mentalità da Lager” applicata al presente: Svetlana Alexievich, voce scomoda alle latitudini che racconta nei suoi libri, ha vinto il premio Nobel per la Letteratura. Il timing dell’ambito riconoscimento a questa giornalista e scrittrice nata 67 anni fa da padre bielorusso e madre ucraina, è suggestivo: arriva a pochi pochi giorni da nuove elezioni presidenziali nel suo Paese (che vedranno la conferma dell’autoritario Aleksander Lukashenko), mentre nella crisi ucraina si intravede uno spiraglio con la tregua in vigore nell’Est, ma non la fine del tunnel e sulla scia di un ritorno di un’atmosfera da guerra fredda nei rapporti tra Occidente e Russia. “Nella Russia di Putin viviamo con la mentalità da Lager. Non si parla d`altro che del pericolo che viene da fuori, dal presunto accerchiamento da parte dei nemici esterni e della minaccia che viene da quelli interni”, commentava un anno fa, in Italia per la presentazione del suo libro “Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del Comunismo”, racconto dai toni epici dove una sorta di ‘coro dell’uomo comune’ ricorda la dissoluzione dell`Urss e le sue conseguenze.

In Bielorussia, poi, è stata accusata di essere una collaboratrice della Cia e per anni è stata costretta per anni a vivere all’estero, dove oggi rimane per gran parte del suo tempo, ma per scelta volontaria: ovviamente i suoi libri, tradotti in oltre quaranta lingua, sono banditi dal regime di Lukashenko. Oltre a Tempo di seconda mano, di Alexievich in Italia sono stati tradotti e pubblicati Preghiera per Cernobyl – anche questo libro corale, non sul disastro nucleare di per sé, ma su cosa ha significato per chi lo ha vissuto in prima persona – e Ragazzi di zinco, ricordo della guerra sovietica in Afghanistan attraverso le voci dei suoi reduci. In Incantati dalla morte racconta i suicidi seguiti alla scioglimento dell’Urss. Il primo libro a cui deve la fama, La guerra non ha un volto di donna, è invec3e una raccolta di voci di donne che hanno vissuto la Seconda guerra mondiale. Alexievich è stata premiata dalla giuria dell’Accademia Reale Svedese per per “la sua opera polifonica, memoriale della sofferenza e del coraggio della nostra epoca”. Nei suoi libri narra sostanzialmente i drammi del mondo sovietico e della sua dissoluzione, percepita come processo tuttora in corso. E oggi “stiamo tornando indietro”, si allarmava non tanto tempo fa, parlando di Russia e Bielorussia.

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