Alla Scala trionfano Macbeth e Mattarella: pubblico chiede il bis

Alla Scala trionfano Macbeth e Mattarella: pubblico chiede il bis
8 dicembre 2021

E` stato un grande successo il Macbeth di Verdi con il quale la Scala di Milano questa sera ha inaugurato la nuova stagione davanti ad un teatro gremito nei suoi duemila posti con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accolto da diversi minuti di applausi, con il pubblico in piedi che ha anche inneggiato a un suo “bis” per il secondo mandato. Il capo dello Stato, commosso da tanto affetto, ha ringraziato dal palco reale dove c’erano anche la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, e il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, oltre ai vertici delle istituzioni locali. Nell’intervallo, Mattarella ha portato il suo saluto alla senatrice a vita Liliana Segre (a cui l’opera “è piaciuta moltissimo”) e ha ringraziato i musicisti per l’ottima interpretazione. In attesa dei dati (sempre più importanti) sul numero di telespettatori che hanno seguito l`opera in diretta su Rai Uno, il pubblico in sala ha tributato 12 minuti di applausi scroscianti al cast di voci stellari, al direttore Riccardo Chailly e al regista Davide Livermore.

Tutti sostanzialmente osannati così come era già successo negli ultimi quattro 7 dicembre. Non era scontato, perché Livermore con Macbeth è andato ben oltre quanto aveva “sperimentato” qui con Attila e Tosca, portando l`opera in una dimensione lontana dalla tradizione e confezionando uno spettacolo notevolissimo, dalla forte impronta cinematografica e televisiva. Lo si capisce subito dopo l`alzata del sipario, quando Macbeth e Banco giungono in automobile sullo sfondo di uno skyline virtuale di una megalopoli del nostro tempo, per poi infilarsi tra altissimi e incombenti grattacieli disegnati in 3D, fino al labirintesco palazzo del potere (politico, economico finanziario, religioso, ideologico), dalla facciata pensata e mai realizzata dal grande e milanesissimo Pietro Portaluppi, nei cui corridoi e nei suoi surreali dintorni si incontrano e scontrano i protagonisti, prima fra tutte la demoniaca Lady-Anna Netrebko di rosso vestita tra la pletora di potenti in nero. La scelta registica non ha convinto tutti e alla fine, oltre ai fiori è arrivato anche qualche fischio.

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In un limbo temporale che dal Medioevo della tragedia shakesperiana arriva ad un fantascientifico futuro remoto, c`è un presente inquietante, dove reale e fantastico si fondono, così come le scenografie fisiche e le proiezioni multimediali si sovrappongono ed esaltano una macchina scenica complessa, sempre in movimento, con continui richiami al cinema di fantascienza più distopico. In questo ruotare, in questo salire e scendere che fa apparire e scomparire (con l’ascensore elemento centrale, utile a mostrare, grazie ad un telecamera, anche una scena di sesso), si scandisce la cupa e progressiva deriva dei Macbeth, l`apocalittico gorgo dove l`essere umano reitera la propria insaziabile sete di dominio fino a rimanerne travolto. E per l’interpretazione del soprano russo di una Lady stravolta e oramai consumata che si dà la morte, sono (giustamente) scattati gli applausi a scena aperta. La sua è una morte solo fatta immaginare dalla cima del palazzo, mentre cruento è l’omicidio di suo marito (“Muoio…al cielo… al mondo in ira”) per mano di Macduff che chiude l’opera nel quarto atto.

Fedelissimo a Verdi, una volta di più, è stato invece il direttore Riccardo Chailly che ha lavorato su registri e tinte vocali per dare corpo alle espressività di ogni interprete prescritta dall`autore, un lavoro complesso facilitato però dal solido rapporto costruito in questi anni con Luca Salsi-Macbeth, con Ildar Abdrazakov-Banco, con Francesco Meli-Macduff, oltre naturalmente che con la diva Netrebko. Cantanti sempre più attori, chiamati una volta di più a sforzi importanti per dare corpo e voce alle cupe e tetre atmosfere, alle sfumature torbide, ai profili psicologici dei loro complessi personaggi, prigionieri delle loro ossessioni, consumati dall`ambizione tanto da indurre a compassione per quel destino già scritto, premonizzato dalle streghe e non capito o ignorato. Chailly esalta la modernità di Verdi con la forza dell`orchestra e la splendida potenza del coro cui spettano, tra l`altro, di parlarci del dramma del popolo scozzese oppresso e delle forze ultraterrene, ma anche di restituire il non detto che traspare dal Folio del 1623 del drammaturgo inglese.

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“Arrivare a fare la Prima ha del miracoloso” aveva detto il sovrintendente Dominique Meyer alla presentazione di questo settantesimo 7 dicembre scaligero, facendo riferimento allo sforzo collettivo per riuscire a mettere in scena una produzione di questo livello e difficoltà nonostante una pandemia che da due anni impone regole che rendono un lavoro come questo davvero complicatissimo. Con la decima opera del maestro di Busseto tratta dall`ultima delle quattro grandi tragedie di Shakespeare, Chailly ha concluso il progetto dedicato alla “trilogia giovanile” di Verdi e Milano è tornata a celebrare “in pompa magna” il suo Sant`Ambrogio alla Scala. Green pass e mascherine non sono bastati a vanificare la fame di normalità, rilanciando un rituale mondano che il coronavirus aveva cancellato l`anno scorso. Ecco allora, tra gli altri, dal “socio sostenitore” Giorgio Armani all’influncer Cristina Fogazzi alias Estetista cinica, dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi a Roberto Bolle, da Placido Domingo a Pier Carlo Padoan, da Mario Monti a Manuel Agnelli, da Andrea Orcel ad Alessandro Cattalan, da Gabriele Galateri di Genola a Roberto D’Agostino, da Stefano Boeri a Roberto Burioni, da Fedele Confalonieri a Diodato, da Maurizio Cattelan a Livia Pomodoro, da Luca Argentero a James Bradburne.

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