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Almasri, Bartolozzi coinvolta: si apre il fronte parlamentare, Nordio la difende

Scatta oggi alla Camera dei deputati una delle battaglie parlamentari più delicate degli ultimi mesi: la richiesta di autorizzazione a procedere contro i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e il sottosegretario Alfredo Mantovano, nell’ambito della controversa vicenda Almasri. Il caso, che intreccia giustizia internazionale, responsabilità politica e immunità parlamentare, promette di accendere il dibattito tra maggioranza e opposizione.

Il relatore Federico Gianassi (Pd) aprirà i lavori della Giunta con la relazione sulla richiesta del Tribunale dei ministri, giunta a Montecitorio il 5 agosto, che ipotizza reati gravi: favoreggiamento per tutti e, in aggiunta, rifiuto di atti d’ufficio per Nordio e peculato per Piantedosi e Mantovano. Ma la vera novità è l’emergere di un’indagine parallela che coinvolge Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministero della Giustizia, accusata di aver fornito false informazioni al pubblico ministero.

Bartolozzi nel mirino: accuse e contraddizioni

Secondo le carte del Tribunale dei ministri, la versione fornita da Bartolozzi sull’arresto e rimpatrio dell’ufficiale libico è stata definita “inattendibile e mendace”. Tuttavia, la collaboratrice di Nordio non è stata inizialmente inclusa nella richiesta di autorizzazione a procedere, poiché non risultava indagata per reati in concorso con i ministri.

La sua posizione giuridica, dunque, si differenzia da quella di Mantovano, che pur non essendo parlamentare né ministro, è stato coinvolto per concorso nei reati. La novità dell’indagine su Bartolozzi potrebbe ora aprire la strada a una richiesta di immunità anche per lei.

Il nodo costituzionale e il precedente del 2010

Il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex parlamentare del Pd, sottolinea una contraddizione nella richiesta del Tribunale dei ministri: pur descrivendo un ruolo integrato del capo di gabinetto, non si è chiesta l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Secondo Ceccanti, la Giunta potrebbe chiedere un’integrazione al Tribunale e, in caso di mancata risposta, la Camera potrebbe promuovere un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale.

Ceccanti ricorda il precedente del 2010, quando la Giunta presieduta da Pierluigi Castagnetti chiese un’estensione dell’autorizzazione per il cardinale Crescenzio Sepe nel caso del ministro Lunardi. Tuttavia, in quel caso si trattava di reati in concorso, mentre per Bartolozzi il reato è stato ritenuto “connesso”.

Montecitorio valuta il conflitto di attribuzione

Alla luce di queste riflessioni, a Montecitorio si fa strada l’ipotesi che l’unica via per tutelare Bartolozzi sia la sollevazione di un conflitto di attribuzione della Camera contro il Tribunale dei ministri dinanzi alla Consulta. In tal caso, la decisione spetterebbe all’ufficio di presidenza della Camera, presieduto da Lorenzo Fontana, e non più alla Giunta.

Il dibattito si fa sempre più acceso, con implicazioni che vanno oltre il singolo caso giudiziario e toccano il delicato equilibrio tra poteri dello Stato.

Pubblicato da
Giuseppe Novelli