Appalti truccati per finanziare il super latitante Messina Denaro, nuovo colpo alla mafia

Appalti truccati per finanziare il super latitante Messina Denaro, nuovo colpo alla mafia
14 dicembre 2016

Un vasto giro di appalti truccati per finanziare il clan, la famiglia e la latitanza di Matteo Messina Denaro. Un sistema, ancora molto vitale, che ha tra i suoi snodi imprese e dipendenti pubblici. E’ quanto emerso dall’operazione “Ebano” che ha inferto un altro duro colpo alla rete economica e di protezione del padrino di Castelvetrano. Scattata all’alba, ha visto impegnati i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani e del Ros, che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Dda, a carico dell’imprenditore Rosario Firenze, 45 anni; ai domiciliari il suo faccendiere, il geometra Salvatore Sciacca, 43 anni. Divieto di esercizio d’impresa agli imprenditori Giacomo Calcara, 38 anni, Benedetto Cusumano, 68 anni, Fedele D’Alberti, 41 anni, e Filippo Tolomeo, 36 anni, tutti di Castelvetrano. Ad altre quattro persone e’ stata notificata un informazione di garanzia: si tratta dei due fratelli di Firenze e di due dirigenti del Comune di Castelvetrano. Sequestrati beni per 6 milioni di euro e perquisiti gli uffici del Municipio il cui Consiglio e’ commissariato da mesi, a seguito delle dimissioni in massa dei suoi componenti decise contro l’ingombrante presenza di un esponente intercettato mentre tesseva le lodi del boss.

Il sindaco Felice Errante ha assicurato “massima collaborazione” e chiesto di “fare piena luce”. Le ipotesi di reato contestate vanno dall’associazione a delinquere di tipo mafioso, alla fittizia intestazione di beni e turbata liberta’ degli incanti. L’attivita’, condotta sin dal gennaio 2014, e che si inquadra nell’ambito dell’azione investigativa finalizzata alla cattura del superlatitante, ha permesso di documentare la vitalita’ della cosca mafiosa di Castelvetrano, soprattutto nell’infiltrazione nei lavori pubblici e privati. In particolare, l’imprenditore Rosario Firenze, nonostante il provvedimento interdittivo emesso dalla prefettura di Trapani, era riuscito, attraverso la fittizia intestazione delle societa’ ai fratelli, a partecipare alle gare d’appalto per l’assegnazione dei lavori pubblici come la realizzazione della condotta fognaria di via Maria Montessori, la manutenzione ordinaria di strade e fognature comunali nel 2014 e la demolizione di fabbricati fatiscenti all’interno dell’ex area autoparco comunale di piazza Bertani. E’ riuscito inoltre ad aggiudicarsi sub appalti da ditte compiacenti alle quali, grazie alle protezioni di cui godeva all’interno dell’ufficio tecnico del Comune di Castelvetrano, faceva assegnare numerosi pubblici incanti, intervenendo sulla presentazione delle percentuali d’offerta a base d’asta. Firenze da anni riusciva a essere uno degli imprenditori edili di riferimento di Cosa nostra nel territorio del Belice, versando periodicamente ingenti somme di denaro alla famiglia anagrafica di Matteo Messina Denaro, per il sostentamento della latitanza e delle esigenze del nucleo familiare.

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Inoltre le dichiarazioni di Lorenzo Cimarosa, (cugino del latitante), hanno fornito importanti conferme al quadro accusatorio. Altro elemento di spicco, tratto in arresto nell’operazione e’ il geometra Salvatore Sciacca, dipendente della ditta Firenze Massimiliano Sas, che manteneva i rapporti con i dirigenti comunali, insieme ai due fratelli di Firenze e a quattro imprenditori edili castelvetranesi titolari di due imprese satelliti, la Concordia costruzioni e la Multicostruzioni soc. Le informazioni di garanzia sono state notificate invece ai fratelli di Rosario Firenze e a due funzionari del Comune di Castelvetrano, gia’ dirigenti dell’ufficio tecnico nei confronti dei quali e’ stata anche eseguita una perquisizione presso gli uffici comunali dove e’ stata sequestrata la documentazione relativa alle gare d’appalto truccate. I carabinieri hanno inoltre proceduto al sequestro delle due ditte, e del complesso aziendale, riconducibile a Rosario Firenze. Il valore dei beni sequestrati ammonta a circa 6 milioni di euro. “L’imprenditore Firenze consegnava i proventi degli appalti illeciti alla famiglia di Messina Denaro”, ha confermato Antonio Merola, comandante del reparto operativo dei carabinieri di Trapani. “L’operazione rientra in una manovra piu’ ampia – ha ribadito Lucio Arcidiacono, comandante del reparto Anticrimine – per la cattura del latitante, cercando di attaccare le sue fonti di finanziamento”. Le indagini hanno avuto inizio a seguito alle dichiarazioni di Cimarosa, arrestato nel dicembre 2013 nell’ambito dell’operazione Eden: l’uomo ha spiegato come Firenze fosse l’imprenditore piu’ vicino a Messina Denaro, rivelando cosa riusciva ad aggiudicarsi e come.

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“Firenze consegnava dei soldi in contanti alla famiglia mafiosa – ha detto Diego Berlingeri, comandante del Nucleo investigativo – ritirandoli da un libretto al portatore. Si tratta di quasi 2 mila euro al mese che venivano consegnati a Patrizia Messina Denaro e questa informazione la conosciamo attraverso le intercettazioni. A chi li abbia consegnati dopo l’arresto della sorella del latitante e’ ancora oggetto di indagine”. Nel blitz sono coinvolti anche due dipendenti comunali che stamane hanno ricevuto un avviso di garanzia. “I due funzionari – ha detto Merola – sono indagati nell’ambito dello stesso procedimento penale; in seguito alle dichiarazioni di Cimarosa, il sindaco fece una rotazione dei dirigenti del comune di Castelvetrano, e furono trasferiti d’ufficio”. Firenze nell’ottobre 2014 aveva ricevuto un interdittiva antimafia dalla Prefettura di Trapani e l’Assessoratore regionale all’Energia gli aveva ritirato una convenzione per il riciclaggio degli inerti di una cava.

“Firenze formalmente non poteva aggiudicarsi lavori pubblici – ha continuano Merola – e in un primo tempo rispose con una lettera alla Prefettura dicendo di non far parte della societa’ e presentando ricorso. Inizialmente la ditta fu intestata ai fratelli e poi scelsero di far aggiudicare i lavori ad alcune ditte compiacenti per ottenerne i subappalti, quindi anche se formalmente c’era un controllo da parte delle istituzioni, loro riuscivano ad aggirarlo”. L’imprendtiore, e’ stato detto, riusciva a conoscere in anticipo la percentuale esatta del ribasso da inserire nelle gare d’appalto: “Abbiamo monitorato almeno 5 appalti – ha spiegato Merola – aggiudicati senza difficolta’. Attraverso i due funzionari compiacenti, riuscivano a conoscere la percentuale esatta del ribasso da inserire nell’offerta e le intercettazioni ricostruiscono con estrema precisione. Era un po’ come vincere facile. Ad uno dei quattro imprenditori prestanome, fu indicato il dato da inserire nella richiesta, ma falli’, raccogliendo gli improperi di Firenze. La vicinanza a questi funzionari del Comune, era legata all’appartenenza di Firenze alla mafia”.  (Agi)

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