Assoluzione Mannino, è scontro tra Procura e giudice. “Sentenza illogica e confusa”

Assoluzione Mannino, è scontro tra Procura e giudice. “Sentenza illogica e confusa”
L'ex ministro, Calogero Mannino
15 dicembre 2016

“Furore demolitorio”, “argomentazioni spesso prive di reale motivazione”, “estremamente lacunosa”. Sono alcuni dei termini che i pm della Procura di Palermo hanno utilizzato nell’appello contro l’assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino dall’accusa di minaccia a corpo politico dello Stato. Mannino e’ stato assolto, col rito abbreviato, dal gup Marina Petruzzella che “solo” ad ottobre scorso (quasi nove mesi dopo la sentenza) ha depositato le motivazioni. E infatti i pm chiosano: “invero, le aspettative maturate durante la lunga attesa sono state tradite da una motivazione che e’ risultata estremamente lacunosa, piuttosto confusa nella ricostruzione dei fatti e priva di argomenti di valutazione critica realmente collegati alle emergenze processuali prospettate dall’accusa”.

Il provvedimento predisposto dal pool “trattativa” – l’aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene – e’ stato vistato anche dal procuratore della Repubblica, Francesco Lo Voi ed e’ stato reso disponibile dalla tarda mattinata di oggi. Scrivono i pm che “la sentenza impugnata, ad una prima analisi generale, appare percorsa da un singolare furore demolitorio – teso non soltanto alla analisi della posizione dell’imputato, delle sue condotte e del suo apporto causale nella determinazione dell’evento posto a base del capo di imputazione – ma sostanzialmente determinato a smantellare la ricostruzione dei fatti prospettati dall’accusa con argomentazioni spesso prive di reale motivazione e, percio’, apodittiche”. E nella richiesta di appello – 32 pagine e centinaia di allegati – hanno sviscerato ogni riga scritta dal gup Petruzzella: “La prima, macroscopica, incongruenza si coglie nella palese contraddizione logica tra la motivazione (interamente volta a smantellare la sussistenza del fatto) e la formula assolutoria prescelta (per non aver commesso il fatto come ascrittogli), formula che evidentemente postula il convincimento, da parte del giudicante, che, pur in presenza del “fatto di reato” cosi’ come contestato, e’ risultata incompleta la prova del consapevole contributo causale del singolo imputato alla realizzazione di quello stesso fatto”.

Leggi anche:
Cinque accoltellati in attacco a Heinault, morto un 13enne

Inoltre l’accusa sostiene che “se il giudice ha scelto di assolvere non ‘perche’ il fatto non sussiste”, ma perche’ l’imputato “non lo ha commesso”, la motivazione della sentenza sarebbe dovuta essere fondata (se non esclusivamente, almeno) in via del tutto prevalente sull’analisi del materiale probatorio concernente lo specifico contributo concorsuale contestato a Mannino, lasciando invece in secondo piano ogni valutazione sulla sussistenza del fatto… E’ questo, tuttavia, l’esatto e lampante contrario di quanto e’ avvenuto con la sentenza che si appella”.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti