Cronaca

Attacco al cuore energetico: la strategia dei droni ucraini mette in ginocchio le raffinerie russe

Non più solo trincee e carri armati. Il fronte della guerra si è spostato nel cuore strategico dell’industria energetica russa, in un’offensiva condotta a colpi di droni che sta producendo i primi, significativi scossoni. Mentre le diplomazie tacciono, Kiev alza la posta in gioco, prendendo di mira con precisione chirurgica le raffinerie per strangolare le entrate del Cremlino e minare lo sforzo bellico avversario. Una partita pericolosa, che si gioca a migliaia di chilometri di distanza dal Donbass.

L’obiettivo è chiaro e dichiarato: colpire dove fa più male. Colpire i soldi. Da agosto, l’intelligence militare ucraina (GUR) ha intensificato una campagna di attacchi mirati contro il complesso sistema di raffinazione russo. Una strategia audace che sembra finalmente aver superato la fase dei semplici assaggi, trasformandosi in una minaccia sistemica per Mosca. I numeri parlano chiaro: almeno dieci impianti colpiti dall’inizio di questa nuova fase, con una capacità di raffinazione ridotta, in certi momenti, di quasi un quinto.

La mappa degli attacchi: dall’Urali al Baltico, la retrazione della difesa aerea russa

La geografia di questi assalti racconta una storia di vulnerabilità inedita. Nessun luogo sembra ormai sicuro. Il 12 settembre, i droni del GUR hanno raggiunto la raffineria Bashneft-Novoyl di Ufa, nella repubblica del Bashkortostan. Un fatto significativo: l’impianto si trova a oltre 1.500 chilometri dal confine ucraino, un segnale chiaro della portata raggiunta dalla tecnologia bellica di Kiev e delle falle nell’apparato difensivo russo.

Ma l’operazione più dirompente ha preso di mira, nella notte tra il 13 e il 14 settembre, il gigante di Kirishi, nella regione di Leningrado. Con i suoi 350.000 barili di greggio raffinati al giorno, è uno dei colossi del settore. L’attacco a un simile simbolo della potenza energetica nazionale ha un valore sia pratico che psicologico. L’offensiva non si è fermata, proseguendo questa notte con un raid sull’impianto Rosneft di Saratov, sul Volga, cruciale – secondo Kiev – per il rifornimento delle truppe al fronte.

Il monopolista in allarme: Transneft limita le scorte, il mercato trema

L’impatto inizia a materializzarsi oltre i cancelli delle raffinerie, nei centri decisionali economici. Fonti dell’industria russa, citate da Reuters, lanciano l’allarme: Transneft, il monopolista statale degli oleodotti che gestisce l’80% del petrolio russo, ha iniziato a limitare la possibilità per le compagnie di immagazzinare greggio nel suo sistema. Una mossa tecnica che tradisce un’enorme preoccupazione: gli attacchi stanno perturbando il flusso, creando colli di bottiglia e rischiando di costringere a tagli alla produzione stessa del petrolio greggio.

È qui che la strategia ucraina mostra i suoi denti più affilati. Non si tratta solo di danneggiare infrastrutture, ma di innescare un effetto domino che dal comparto raffinazione risale alla produzione primaria, intaccando le esportazioni e, quindi, le casse dello stato che finanziano le bombe sganciate sul suolo ucraino. Ogni drone che centra un obiettivo è un colpo al budget di guerra del Cremlino.

La risposta di Mosca: accuse su Zaporizhzhya e la narrativa del terrorismo

Mosca reagisce lungo due direttrici: la minimizzazione dei danni e la controaccusa. Fonti russe, infatti, riportano attacchi ucraini anche nei pressi della centrale nucleare di Zaporizhzhya, occupata dalle truppe del Cremlino. Si sostiene che Kiev abbia bombardato l’area dei depositi di carburante dell’impianto, causando un incendio nella vegetazione secca a circa 400 metri dai serbatoi. Le autorità filo-russe assicurano che non sussisterebbe “alcuna minaccia per le principali infrastrutture”, ma il racconto serve a costruire una narrazione di irresponsabilità e di condotta terroristica da parte ucraina.

Una manovra propagandistica per distogliere l’attenzione dal successo degli attacchi alle raffinerie e per inquadrare Kiev come un attore pericoloso e incontrollabile, soprattutto agli occhi della comunità internazionale. Tuttavia, il fumo che sale dagli impianti di Ufa, Kirishi e Saratov è fin troppo reale per essere ignorato. La guerra del petrolio è entrata in una nuova, pericolosissima fase. E le sue conseguenze economiche potrebbero rivelarsi, per Mosca, più devastanti di una battaglia persa sul campo.

Pubblicato da
Eleonora Fabbri