Bce accelera sul taglio agli acquisti di titoli: stop in III trim

Bce accelera sul taglio agli acquisti di titoli: stop in III trim
11 marzo 2022

La Banca centrale europea ha reagito al deterioramento del quadro inflazionistico, impartendo una accelerazione alla manovra di progressiva riduzione dello stimolo monetario, preludio di un successivo rialzo dei tassi. Sulla tempistica di questa futura stretta però, data l’elevata incertezza dovuta alla guerra in Ucraina e agli effetti delle sanzioni contro la Russia, l’istituzione si è mostrata quantomai vaga. Ed ha coniato, all’uopo, la nuova formula di “un po’ di tempo dopo” lo stop al Qe, che ha fissato al terzo trimestre. Ma procedendo con ordine: la Bce ha innanzitutto confermato la decisione di concludere alla fine di questo mese di marzo la fase di acquisti netti di titoli con il programma anticrisi Pepp. Già nei mesi scorsi aveva ammorbidito lo stop decidendo di prolungare da subito almeno fino a tutto il 2024 gli acquisti per rinnovare lo stock di titoli già accumulati, che trattandosi di 1.677 miliardi di euro (destinati ad aumentare ancora qualcosa per fine mese) daranno comunque volumi significativi.

Peraltro l’istituzione ha anche ribadito che in caso di rinnovata “frammentazione” del mercato dell’area (prevalentemente tra titoli di Stato, quindi eccessivi allargamenti degli spread) potrà effettuare i reinvestimenti del Pepp in maniera flessibile privilegiando momentaneamente le emissioni di questo o quel paese. Secondo punto, ed è qui la parte centrale delle decisioni di oggi, il Consiglio direttivo ha modificato in senso meno espansionista la tabella di marcia sul piano di acquisti App, che nei mesi scorsi aveva rimodulato per accompagnare il venir meno degli acquisti netti del Pepp. Inizialmente avrebbero dovuto procedere al ritmo di 40 miliardi di euro al mese tutto il secondo trimestre, poi a 30 miliardi al mese nel terzo trimestre e poi continuare a 20 miliardi di euro “finché necessario”. Adesso, invece, il Consiglio direttivo ha deciso che gli acquisti netti (cioè al netto dei rinnovi di bond già detenuti) saranno 40 miliardi ad aprile, 30 miliardi a maggio, 20 miliardi a giugno e poi “calibrati” in base a dati e prospettive. Ma soprattutto con la cruciale aggiunta che se l’inflazione dovesse dimostrarsi in grado di autosostenersi anche senza queste operazioni – e figuriamoci se non lo sarà, con le frustate che stanno arrivando dall’energia – “il Consiglio direttivo porrà termine agli acquisti netti nel terzo trimestre”.

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Questo elemento è doppiamente rilevante perché da tempo la Bce ha collegato lo stop agli acquisti netti di bond al momento da cui potrebbe iniziare ad alzare i tassi. Oggi ha ribadito questo aspetto ma con l’aggiunta che il rialzo dei tassi, che sarà “graduale”, avverrà “qualche tempo dopo” lo stop al Qe netto. Ovviamente, alla conferenza stampa esplicativa di Christine Lagarde, questo è uno degli aspetti su cui si sono concentrate le domande: quanto è “un po’”, quanto è “qualche tempo”? “Può essere una sola settimana come può essere mesi”, ha risposto la presidente, mantenendosi quindi sul vago. Perché come ampiamente atteso uno degli elementi su cui ha posto più enfasi è sul carattere “flessibile” del futuro della linea monetaria. La Bce ha lasciato la porta aperta a virate in senso opposto, ovvero più espansive, se le prospettive di inflazione o le condizioni finanziarie cambiassero. E ha ribadito che alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina assumerà “qualunque azione necessaria per garantire la stabilità dei prezzi e finanziaria”. Lagarde, che indossava una spilla con i colori della bandiera ucraina, poi ha preteso di sostenere che “non stiamo accelerando” la normalizzazione della linea monetaria e che si sta “progredendo passo dopo passo, aggiungendo opzionalità” dato il contesto di incertezza. Che le decisioni di oggi sull’App sono “condizionali” e “in linea con quelle di dicembre e di febbraio. E non stiamo accelerando in nessun modo – ha insistito -. Non stiamo inasprendo, stiamo normalizzando”.

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A febbraio, però, le indicazioni erano di proseguire con lo shopping di titoli almeno fino a tutto il terzo trimestre e oltre. Alle tesi di Lagarde fanno da contraltare diversi analisti che si attendevano una Bce più morbida, a causa della guerra russo ucraina, e che ora parlano di linea “da falco”. In realtà, con una inflazione che continua a salire e minaccia di raggiungere il triplo del valore obiettivo della Bce (2% simmetrico) forse erano un po’ sbilanciate anche le attese che l’istituzione monetaria restasse ferma a guardare. Comunque il dibattito interno c’è stato. “Alcuni – ha rivelato Lagarde – pensavano che data l’incertezza dovessimo essere anche noi incerti e non fare nulla. Altri ritenevano che dovessimo andare avanti, senza condizionalità” verso la normalizzazione. Poi il capo economista Philip Lane ha proposto questa linea con flessibilità e condizionalità, che cerca di bilanciare le varie istanze. Il tutto mentre i tecnici della Bce hanno rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica dell’area euro su quest’anno, mentre hanno marcatamente alzato le attese sull’inflazione. Ora sul 2022 pronosticano un più 3,7% per il Pil dell’area euro, a fronte del più 4,2% previsto tre mesi fa. Le attese su 2023 e 2024 sono state confermate, rispettivamente al più 2,8% e al più 1,6%. Sull’inflazione ora i tecnici della Bce prevedono 5,1% quest’anno, 2,1% il prossimo e 1,9% nel 2024. Tre mesi fa indicavano 3,2% sul 2022 e 1,8% su 2023 e 2024.

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Sulla base degli ultimi sviluppi e di queste stime, “il Consiglio direttivo della Bce ritiene sempre più probabile che l’inflazione si stabilizzi” ai livelli obiettivo. E “quando i dati confermeranno che le prospettive di inflazione saranno al target allora dovremo procedere”. Quindi stavolta, a differenza di quanto avvenuto con la catastrofe economica provocata da lockdown e altre misure restrittive decise dai governi per il Covid, la prima riposta allo shock geopolitico in Ucraina non arriverà dalla politica monetaria. Stavolta spetterà piuttosto ai governi, riuniti oggi e domani al vertice Ue di Versailles, elaborare il primo fronte di riposta. Sui mercati, lo svanire dell’illusorio scenario di una Bce paralizzata ha avuto l’effetto di una doccia fredda. Le Borse europee hanno aggravato i ribassi e chiuso tutte in profondo rosso (Milano al 4,20% confermando la marcata volatilità dopo le impennate di ieri). Pesante anche l’impatto sui titoli di Stato, con forti vendite, ancor più sulle emissioni italiane. I rendimenti dei Btp decennali sono balzati di 25 punti base rispetto ai livelli di ieri, all’1,92%, secondo Mts, lo spread, il differenziale rispetto ai tassi dei bund tedeschi equivalenti ha chiuso a 164 punti base. L’euro in altalena da 1,1040 dollari cui si attestava prima della Bce è prima scattato a 1,1120 e poi ha investito la rotta e in serata si scambia a 1,0996 dollari.

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