Editoriale

Berlusconi si smarca dagli alleati e si schiera con il Quirinale

E’ bastato evocare l’impeachment contro Sergio Mattarella, e i Cinquestelle fanno saltare tutto in aria. Silvio Berlusconi non perde l’occasione: “Il MoVimento Cinquestelle che parla di impeachment è come sempre irresponsabile. Forza Italia -aggiunge il leader degli azzurri – attende le determinazioni del Capo dello Stato, ma ove necessario sarà pronta al voto”. Secondo fonti di via Bellerio, la Lega si accoderebbe al Cavaliere, respingendo la messa in stato di accusa del presidente della Repubblica. E segnerebbe, di conseguenza, la rottura con i pentastellati.

Giorgia Meloni, intanto, si defila dagli alleati, affermando che “se ci fosse il veto del Quirinale a Paolo Savona, impedendo la formazione del nuovo governo, FdI chiederà al Parlamento la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica per alto tradimento”. Lo scenario è in continua evoluzione. E già si pensa al ritorno al voto. L’appuntamento, per tutti, non sarà indolore. Il centrodestra non è più lo stesso. La Lega otterrebbe più voti? Non è facile dirlo. Non partorire un governo, dopo averlo chiesto con insistenza, non è certo una vittoria. A Matteo Salvini lo scenario era ben chiaro sin dall’indomani del responso elettorale. E che la strada sarebbe stata tutta in salita, era più che evidente. Forza Italia, dal canto suo, s’è mostrata finora una forza politica “responsabile”, avendo fatto un passo indietro, per dare via libera ai leghisti alla formazione di un esecutivo. Crescerà nei consensi? Anche per Forza Italia, non è facile dirlo. Di certo, gli azzurri avranno una marcia in più rispetto alle scorse Politiche.

Berlusconi, questa volta, è candidabile. Quindi, dal punto di vista elettorale, farebbe una campagna da protagonista e quindi senza subalternità nei confronti dell’alleato leghista. Uno scenario che rassicurerebbe anche l’Europa e il Ppe in particolare, mettendo di conseguenza in allarme Salvini in primis. Di certo – a meno che non decide di suicidarsi – il centrodestra unito e compatto, questa volta avrebbe più probabilità di superare la soglia del quaranta per centro e che gli consentirebbe di andare direttamente a Palazzo Chigi. Sull’altro fronte, il Partito Democratico, si continua a sonare la stessa musica, ma che oramai è stonata. A dirigere è Maurizio Martina che non si stanca mai di sottolineare che “il Pd marcia unito e parla con una voce forte e corale”. Sarà, ma ancora il partito ha ferite aperte dalla batosta elettorale. I Democratici più che con gli elettori, devono ancora fare i conti all’interno dello stesso partito. Correnti e spifferi continuano a tenere viva la tempesta al Nazareno. Ma i nodi ancora devono venire al pettine: liste elettorali e il futuro del partito.

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