Bersani: Renzi rischia di raccogliere tempesta. Mineo lascia il gruppo

di Giuseppe Novelli

Il Pd a Roma rischia di “raccogliere tempesta”, la vicenda Marino è stata gestita male dal partito e da Matteo Renzi, e adesso solo un chiarimento in Consiglio comunale, senza conte o voti di fiducia, può risolvere la situazione. Paole che sanno di un vero e proprio colpo basso sferrato al suo segretario,  quelle di Pier Luigi Bersani  che conferma di essere stato chiamato al telefono da Marino e spiega: “Abbiamo avuto anche altre esperienze drammatiche, in passato, ma l’abbiamo sempre risolta chiudendoci in una stanza, litigando, insultandoci, ma poi alla fine trovando una soluzione. Anche separandoci, al limite, ma dopo che ognuno ha potuto dire la sua. Andava fatto così anche con Marino, bisognava chiudersi con lui e il Pd per due giorni e trovare una soluzione”. Poi rilancia. “Qui non si discute più, non c’è senso della collettività. Anche M5s, a modo loro, cercano di costruire una collettività”. Nel Pd, tutto questo non si fa ed “è chiaro che così poi raccogli tempesta…”.  Insomma, l’aria che tira al Nazareno non è certo tra le migliori, anche se ciò non è una notivà.

Prova ne è, l’abbandono dal gruppo del Pd al Senato di Corradino Mineo. “Nel 2013 ho accettato la candidatura come capolista in Sicilia e sono stato eletto in Senato con il Pd, partito che allora parlava di una ‘Italia Bene Comune’ – afferma il giornalista -. Non amo i salta fossi e quando il segretario-premier ha modificato geneticamente quel partito, provocando una scissione silenziosa, aprendo a potentati locali e comitati d’affare, e usando la direzione come una sorta di ufficio stampa di Palazzo Chigi, ho continuato a condurre la mia battaglia nel gruppo con il quale ero stato eletto”. “Però è vero che ho votato troppe volte in dissenso: sulla scuola, la riforma costituzionale, l’Italicum, il jobs act, la Rai. Ed è vero – ammette ancora il senatore dem – che una nutrita minoranza interna, che sembrava condividere alcune delle mie idee, si è ormai ridotta a un gioco solo tattico, lanciando il sasso (ieri sulla legge costituzionale, oggi sulla legge di stabilità) per poi ritirare la mano. Ieri, poi, Luigi Zanda mi ha dedicato – senza avvertire né me né altri di quale fosse l’ordine del giorno – una intera assemblea, cercando di ridurre le mie posizioni politiche a una semplice questione disciplinare, stilando la lista dei dissidenti ‘buoni’, Amati, Casson e Tocci e del ‘cattivo’, Mineo. Il Pd non espelle nessuno – ha detto Zanda – ma nelle conclusioni ha parlato di ‘incompatibilità’ tra me e il lavoro del gruppo. Non espulsione, dunque, ma dimissioni fortemente raccomandate”. “Come deluderlo? Da oggi lascio il gruppo, auguro buon lavoro ai senatori democratici e continuerò la mia battaglia in Senato, cominciando dalla legge di stabilità che, come dice Bersani, ‘sta isolando il Pd'”, conclude Mineo.

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