Un’intera penisola inghiottita dall’oscurità in pochi secondi. Treni bloccati, ospedali in emergenza, città nel caos. Il blackout che ha paralizzato Spagna e Portogallo, il più devastante della loro storia, ha lasciato una scia di disagi e interrogativi inquietanti. A ventiquattr’ore dal collasso, le autorità brancolano nel buio: cyberattacco? Guasto tecnico? O una rete elettrica, spinta dalle rinnovabili, incapace di reggere il peso del futuro? L’Italia osserva con apprensione: il disastro iberico è un monito per tutti.
Alle 12:30 di ieri, la rete elettrica iberica è crollata. In cinque secondi, 15 GW di potenza sono svaniti. Il primo colpo ha azzerato il sistema fotovoltaico del sud-ovest, ma i tecnici della Ree (Red Eléctrica de España) hanno tentato una disperata resistenza. Un secondo e mezzo dopo, il KO: la Penisola Iberica si è scollegata dall’Europa, la tensione è precipitata a zero. Un blackout totale, da manuale, ma senza un colpevole chiaro.
Le prime ricostruzioni parlano di “fluttuazioni atmosferiche” o “sbalzi termici anomali”. Il Portogallo ipotizza anomalie climatiche, ma Madrid frena. “Solo ipotesi, nessuna certezza”, ha dichiarato il premier Pedro Sánchez in un discorso alla nazione. Intanto, i generatori di emergenza tengono in vita ospedali e servizi essenziali. Ma per quanto?
Il blackout ha trasformato le metropoli iberiche in un incubo. A Madrid e Barcellona, il traffico è paralizzato: metro ferme, semafori spenti, ingorghi interminabili. Nei negozi, POS e bancomat fuori uso hanno costretto i clienti a lasciare carrelli pieni. “Senza contanti, non si compra nulla”, racconta un testimone a El País.
Gli ospedali, sostenuti dai gruppi elettrogeni, resistono a fatica. Andalusia, Extremadura e Madrid hanno dichiarato lo stato d’emergenza, temendo disordini e saccheggi nelle lunghe notti senza luce. I danni economici e sociali sono incalcolabili, e la fiducia dei cittadini è ai minimi.
Due ipotesi dominano le indagini. La prima: un cyberattacco. Un hacker potrebbe aver sabotato i sistemi di regolazione, mandando in tilt la rete. Un’operazione di questa portata, però, sarebbe inedita. La seconda: un collasso tecnico, con le fonti rinnovabili nel mirino. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, intervenuto al Tg La7, non ha usato mezzi termini: “La Spagna, modello europeo per solare ed eolico, ha mostrato la fragilità delle rinnovabili. Durante il picco di domanda, mancava la capacità di base, quella di fossili o nucleare”.
Un’eventuale conferma del ruolo delle rinnovabili potrebbe innescare un terremoto politico in Europa, mettendo in discussione la transizione verde. “Nessuna ipotesi è rassicurante”, ammette un funzionario del ministero dell’Energia spagnolo. Se è un attacco, siamo vulnerabili. Se è un guasto, il sistema è inaffidabile.
L’onda d’urto del blackout ha raggiunto Roma. Il Comitato interministeriale per la Sicurezza della Repubblica si riunirà d’urgenza per valutare i protocolli anti-blackout. La rete italiana, anch’essa sempre più dipendente dalle rinnovabili, potrebbe essere altrettanto esposta. “Quello che è successo in Iberia è un campanello d’allarme”, avverte un esperto del settore.
Intanto, la luce torna a sprazzi in Spagna e Portogallo, ma la paura resta. Questo blackout non è solo un incidente: è lo specchio di un sistema energetico fragile, schiacciato tra la dipendenza da fonti intermittenti, rischi informatici e infrastrutture obsolete. L’Italia, con la sua spinta verso le rinnovabili, deve guardare al disastro iberico come a un avvertimento.
Mentre Madrid e Lisbona contano i danni, una domanda aleggia: siamo pronti per il futuro energetico? La prossima scintilla potrebbe colpire più vicino di quanto pensiamo.