Boeri presenta la riforma delle pensioni, no dei sindacati

Flessibilità sostenibile, una rete di protezione sociale per gli over 55 senza lavoro, unificazione delle posizioni assicurative con la fine delle ricongiunzioni onerose, armonizzazione dei tassi di rendimento garantiti ai contributi e nuove opportunità di versamenti perché “non si va in pensione, ma si prende la pensione”: sono i cinque punti cardine della proposta di riforma del sistema pensionistico messa a punto dell’Inps e illustrata alla Camera dal suo presidente Tito Boeri (foto) in occasione della presentazione del rapporto annuale dell’istituto. Boeri ha spiegato la riforma solo a grandi linee. Gli “elementi puntuali” sono invece contenuti, “per ovvi motivi di riguardo istituzionale, in una bozza “sottoposta all’attenzione dell’esecutivo” e formulata “non per esigenze di cassa – ha precisato – ma ricercando maggiore equità, tanto tra le generazioni diverse che all’interno di ciascuna generazione”. La proposta di riforma è stata accolta con favore dal Governo, ma bocciata dai sindacati. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha affermato che “il contributo dell’Inps è utile e verrà utilizzato dal Governo” insieme con quello delle parti sociali nell’elaborazione di una soluzione, cui sta lavorando il ministero, che troverà la sua sede naturale di discussione nelle prossima legge di stabilità. Poletti ha ribadito che il percorso e il metodo sono quelli indicati già nelle settimane scorse “per creare i presupposti di una buona decisione, che spetterà al Governo e al Parlamento” e che dovrà comunque garantire sostenibilità sia sul piano sociale che della finanza pubblica. “Bisogna agire e discutere con grande misura – ha aggiunto il ministro – per evitare di alimentare paure ingiustificate, ma anche aspettative ingiustificate”.

INPS Sulla flessibilità in uscita, Boeri immagina di spalmare il montante accumulato nel corso della vita lavorativa in relazione all’età di uscita dal lavoro e alla speranza di vita residua. L’assegno dovrà pertanto essere più basso per chi lo incassa prima. Secondo il presidente dell’Inps, le proposte presentate in Parlamento finora riesumano “meccanismi propri delle pensioni di anzianità, storicamente lo schema più insostenibile della nostra previdenza pubblica”. Uno dei cinque cardini della riforma proposta riguarda la creazione di una rete di protezione sociale per gli over 55. Per Boeri si tratta del primo passo “verso l’introduzione di quella rete di base, di quel reddito minimo garantito che oggi manca nel nostro Paese”. Questo, secondo l’istituto di previdenza, porterà a distinguere assistenza e previdenza anche a livello contabile. Per questa via si “potrà superare un vizio di origine del sistema contributivo”, cioè quello “di non prevedere prestazioni minime per chi non ha altri redditi e ha accumulato un montante contributivo troppo basso per garantirsi una pensione al di sopra della soglia di povertà”. L’istituto di previdenza chiede l’armonizzazione dei tassi di rendimento per tutti, anche per i vitalizi dei parlamentari che però non ricadono nell’Inps. “E’ auspicabile – ha detto Boeri – che Camera e Senato rendano al più presto pubbliche le regole che storicamente sono state alla base della concessione di questi vitalizi. Servirà per valutare i tassi di rendimento implicitamente offerti a deputati e senatori, comparandoli col trattamento riservato agli altri lavoratori”.

SINDICATI Boeri ha inoltre proposto un contributo di solidarietà per le pensioni d’oro. “Crediamo sia giusto chiedere a chi ha redditi pensionistici elevati, in virtù di trattamenti molto più vantaggiosi di quelli di cui godranno i pensionati del domani – ha concluso – un contributo al finanziamento di uscite verso la pensione più flessibili”. Una bocciatura senza appello è arrivata dalla Cgil di Susanna Camusso: “Dice una cosa sbagliata. Vuol dire abbassare del 30-35% le pensioni più povere. Si dice che la povertà è il tema centrale e poi si crea nuova povertà con l’abbassamento dell’assegno pensionistico. Si vuole fare cassa con le pensioni”. Dello stesso tenore le dichiarazioni del numero uno della Uil, Carmelo Barbagallo: “Chi va via deve uscire con tutto ciò che si è costituito, contributivo e retributivo. Boeri si propone come ministro della povertà”. Anche per la Cisl di Annamaria Furlan, l’ipotesi di riforma è “impraticabile, a maggior ragione se si considera che la media degli assegni si aggira sui 1.000-1.500 euro. Praticamente inaccettabile”. La Confindustria di Giorgio Squinzi, che vuole tornare al tavolo con i sindacati sulla contrattazione “ben prima delle vacanze” per metterli con le “spalle al muro”, vede però un “grave rischio: il Governo ha preso di mira i sindacati e anche la nostra associazione. Se il sindacato non si dà una mossa e non si adegua alla velocità dei ritmi dell’economia reale rischia seriamente. In Italia ormai il sindacato è fatto di pensionati e categorie protette”.

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