Kim Kardashian
Skims lancia “The Ultimate Bush”, una linea di calze con peli pubici finti che ha mandato in tilt il web e svuotato i magazzini in poche ore. Il controverso prodotto di Kim Kardashian, venduto a oltre 40 euro al pezzo, cavalca il revival del “full bush” tra la Gen Z e riaccende il dibattito su empowerment femminile, standard di bellezza e strategie commerciali sempre più audaci.
Il marchio di abbigliamento fondato dalla mogul americana ha messo in vendita una collezione di calze che riproducono artificialmente i peli pubici non depilati. Disponibili in una dozzina di varianti – dal riccio al liscio, in diverse tonalità – le calze si propongono come risposta a una tendenza emergente tra le giovani generazioni, stufe della pressione sociale alla depilazione totale. La campagna pubblicitaria ha puntato su un’estetica retrò che richiama i game show degli anni Settanta, un escamotage creativo che ha moltiplicato l’eco mediatica. Il risultato? Un’ondata di commenti polarizzati sui social network.
“Basta non radersi per ottenere lo stesso effetto, giusto?”, si chiedono gli scettici. “Questo è esagerato”, “Non capisco”, scrivono altri utenti disorientati dal prodotto. Eppure, nonostante le perplessità e le critiche, il successo commerciale è stato immediato e schiacciante. L’intera collezione “The Ultimate Bush” è andata sold out nel giro di poche ore dal lancio, confermando l’abilità imprenditoriale della Kardashian nel trasformare la provocazione in profitto. “Il genio del marketing di Kim”, commentano i sostenitori, capace ancora una volta di generare hype e risultati concreti.
Dietro l’apparente stranezza del prodotto si nasconde un discorso più articolato sugli standard estetici contemporanei. Il “full bush” sta infatti vivendo una seconda giovinezza, soprattutto tra la Generazione Z, che rivendica il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo contro i diktat della bellezza imposti dall’industria e dai social media.
Skims si posiziona quindi su questo fronte, offrendo un’alternativa – per quanto artificiale – a chi vuole abbracciare la tendenza senza rinunciare alla depilazione. Una scelta che però solleva interrogativi: si tratta davvero di inclusività e avanguardia, come sostiene il brand, o di un’operazione puramente commerciale che mercifica persino la riappropriazione del corpo femminile?
Il confine tra emancipazione e business appare sempre più sfumato. Se da un lato il prodotto può essere letto come un messaggio anti-conformista, dall’altro rappresenta l’ennesimo esempio di come ogni movimento sociale possa essere rapidamente trasformato in argomento di vendita. La capacità dei brand di monetizzare anche le questioni più intime e personali è al centro del dibattito.
Non è la prima volta che Kim Kardashian fa discutere con le sue scelte imprenditoriali. Skims si è già distinta per prodotti innovativi e talvolta controversi, capaci di generare attenzione mediatica e tradurla in fatturato. La formula è collaudata: provocare, stupire, far parlare di sé, vendere. “The Ultimate Bush” sintetizza perfettamente questa strategia. Tra ironia consapevole, empowerment dichiarato e calcolo commerciale millimetrico, il prodotto incarna la capacità della cultura pop contemporanea di trasformare questioni private in fenomeni globali.
La Kardashian dimostra ancora una volta di saper leggere i tempi, cavalcare le tendenze emergenti e imporre la propria visione – per quanto divisiva – nel panorama della moda. Che si apprezzi o si contesti l’iniziativa, una cosa è innegabile: Kim Kardashian ha raggiunto il suo obiettivo. Ha fatto parlare di sé, ha provocato reazioni, ha venduto. E ha confermato il suo status di imprenditrice capace di trasformare ogni controversia in opportunità, ridefinendo continuamente i confini di una moda che non lascia mai indifferenti.