Assalto dei sostenitori di Bolsonaro, caos Brasile. Lula: intervento federale

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Meloni: “Solidarietà alle Istituzioni brasiliane”. Tajani: “Non ci risulta nessun italiano coinvolto nella vicenda”

Brazil Elections Protest

Protesters, supporters of Brazil's former President Jair Bolsonaro, storm the the National Congress building in Brasilia, Brazil, Sunday, Jan. 8, 2023. (AP Photo/Eraldo Peres)

A poco più di due anni dall’assalto dei sostenitori di Donald Trump al Congresso degli Stati Uniti, la storia si è ripetuta in Brasile dove, pochi giorni dopo l’insediamento del presidente Lula, centinaia e centinaia di sostenitori dell’ex capo dello Stato Jair Bolsonaro hanno preso d’assalto i tre principali palazzi del potere brasiliano: il Parlamento, la Corte Suprema e lo stesso palazzo Planalto, che ospita gli uffici del presidente. Un tentativo di golpe dell’ultradestra che gettato nel caos Brasilia per alcune ore, prima che il presidente Lula decretasse l’intervento federale nel distretto della capitale e le forze dell’ordine riprendessero il controllo dei tre palazzi. Decine di arresti come prima conseguenza, per i manifestanti, per ora accusati di “atti di vandalismo”.

Alle origini di quanto accaduto in una lunga domenica brasiliana la polemica dei bolsonaristi contro Lula e le loro contestazioni del risultato elettorale che ha riportato il candidato di sinistra alla presidenza e ha visto la sconfitta di Bolsonaro, subito andato negli Stati Uniti dopo gli scrutini e mai disposto a concedere la vittoria al rivale. Da questi atteggiamenti e da “alcuni discorsi” dell’ex presidente, secondo Lula, è nata l’aggressione alle istituzioni, portata avanti da quelli che il presidente, che si trovava nello Stato di San Paolo per stare vicino alle popolazioni colpite da forte maltempo, ha definito “fanatici fascisti”. I manifestanti hanno forzato i cordoni di sicurezza e hanno occupato le sedi istituzionali, distruggendo e devastando gli edifici simbolo di una democrazia rinata a fine anni Ottanta e del lavoro dell’architetto Niemeyer.

“Tutti i terroristi responsabili per gli atti di terrorismo a Brasilia saranno identificati e puniti”, ha detto Lula, che poi ha accusato la polizia del DF, governato da esponenti del partito di Bolsonaro: “Chi avrebbe dovuto fare la sicurezza del Distretto federale è la polizia del DF, cosa che non ha fatto, per incompetenza e per malafede”. Con l’intervento federale, in sostanza, le autorità locali vengono esautorate e, fino al 31 gennaio, la giurisdizione sulla regione di Brasilia passa direttamente nelle mani del governo, con l’obiettivo di “porre fine al grave sovvertimento dell’ordine pubblico”. Al fianco di Lula si sono subito schierati gli Stati Uniti e l’Europa, oltre ad altri Paesi sudamericani come la vicina Argentina. Dall’Italia ha parlato per primo il ministro degli Esteri e vicepremier Tajani, che in un tweet ha espresso la propria preoccupazione: “Ogni atto di violenza contro le istituzioni democratiche deve essere condannato con grande fermezza.

I risultati elettorali vanno sempre e comunque rispettati”, ha scritto Tajani e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ritwittato la presa di posizione di Tajani. Intervenendo poi al Tg1, il ministro degli Esteri ha anche aggiunto che “noi stiamo dalla parte della democrazia, della libertà e delle istituzioni. Non è in questo modo che si manifesta il dissenso. Il governo italiano sta dalla parte della democrazia. Al momento – ha poi aggiunto – non ci risulta nessun italiano coinvolto nella vicenda, nè italiani vittime di aggressioni né che abbiano partecipato ad eventi anti democratici”. Più tardi anche Meloni, sempre su Twitter, si è espressa direttamente: “Quanto accade in Brasile – ha scritto la presidente del Consiglio – non può lasciarci indifferenti. Le immagini dell’irruzione nelle sedi istituzionali sono inaccettabili e incompatibili con qualsiasi forma di dissenso democratico. È urgente un ritorno alla normalità ed esprimiamo solidarietà alle Istituzioni brasiliane”.