Card. Pell: soldi da Roma per mio processo, non ho prove ma lo penso

Card. Pell: soldi da Roma per mio processo, non ho prove ma lo penso
George Pell
17 dicembre 2020

Ci sono indizi (“evidence”) ma non c’è la prova (“proof”) che da Roma siano partiti soldi per pilotare il processo per pedofilia che si è celebrato in Australia a carico del cardinale George Pell, ex prefetto della Segreteria vaticana per l’Economia che, come egli sottolinea, si è fatto non pochi nemici nel tentativo di riformare le finanze dello Stato pontificio.

Il porporato australiano, che in questi mesi è tornato a Roma, ha tenuto una conferenza stampa online sui suoi diari dal carcere, “Prison Journal”, edito dalla casa editrice statunitense Ignatius Press, e in uscita oggi. Dopo aver scontato oltre 400 giorni, Pell è stato scagionato dalla corte suprema australiana.

“Io stesso sono piuttosto sicuro che i soldi siano andati da Roma in Australia in quel tempo, ma non ho le prove di dove sono finiti”, ha detto Pell, citando anche la testimonianza di “uno dei monsignori accusati secondo i giornali italiani” nel quadro dell’inchiesta della magistratura vaticana sulle malversazioni avvenute con i fondi della Segreteria di Stato.

Pell ha anche criticato la Polizia dello Stato di Victoria, in Austrlia, che ha condotto le indagini che lo hanno portato a processo, riportano la voce che gli è arrivata secondo la quale “la procura non ha consentito ai giudici di condurre le indagini, che sono state fatte dalla Polizia” e riferendo anche la “chiacchiera” che “la Polizia avrebbe pagato le indagini e non l’ufficio della Procura: ma non so se è vero”. Di certo, secondo Pell, la verifica della accuse a suo carico è stata fatta “in modo quanto meno approssimativo”.

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