Politica

Industria auto europea lancia l’allarme, Brexit “no deal” sarebbe un terremoto

Una Brexit ‘no deal’ avrebbe un ‘impatto sismico’ sull’industria automobilistica europea: ad affermarlo, in una rara dichiarazione congiunta, i capi di 23 associazioni imprenditoriali automobilistiche europee che mettono in guardia da un’uscita traumatica della Gran Bretagna, dove hanno sede, fra l’altro, le fabbriche dei giganti automobilistici BMW, Peugeot PSA e la Nissan giapponese. Lo riferiscono i media internazionali, precisando che a rischio ci sono miliardi di euro e milioni di posti di lavoro.

Intanto, neanche a Bruxelles regna ottimismo. “Possiamo avere un accordo” tra Ue e Regno Unito sulla Brexit, ma non so se le possibilita’ sono piu’ del 50%, afferma il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ricordando che, “se ci sara’ una Brexit senza accordo”, il rischio e’ un confine rigido tra Irlanda del Nord e repubblica d’Irlanda”. Juncker mette mani in avanti, sottolineando che la responsabilita’ delle conseguenze dell’uscita dalla Ue “non sono in alcun modo dell’Unione europea”, perche’ si tratta di una “decisione britannica”. Il presidente della Commissione Ue assicura tuttavia che la Ue e’ pronta per affrontare lo scenario no-deal, ma dice di “non essere cosi’ sicuro” che lo sia il Regno Unito.

E proprio nel Regno Unito, in queste ore a tenere banco è la sentenza della Corte suprema britannica che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni relativa alla decisione del governo del premier Boris Johnson di sospendere il Parlamento. Secondo quanto pubblica il settimanale The Observer, citando fonti legali, la Corte Suprema britannica sarebbe incline a dare torto al premier Johnson. Secondo le fonti, in caso di sentenza avversa al primo ministro non rimarrebbe altra scelta se non quella di riconvocare la Camera dei Comuni, ma in ogni caso il Paese si troverebbe di fronte ad una “eruzione costituzionale di proporzioni vulcaniche”.

L’opinione generale fra gli esperti prima dei tre gironi di udienza è che difficilmente la Corte si sarebbe pronunciata contro l’esecutivo, ma ora l’impressione è che il governo “sia alle corde e sia sul punto di perdere”: la sentenza dovrebbe arrivare nei primi giorni della prossima settimana,. La presidente della Corte, Lady Hale, ha sottolineato come i giudici “si pronunceranno esclusivamente sulla legittimità legale della decisione del Primo ministro di consigliare a Sua Maestà di sospendere il Parlamento nelle date in questione”.

Secondo gli esperti vi sono tre aspetti che dovrebbero preoccupare il governo: primo, i giudici hanno dedicato molto tempo alla valutazione dei possibili “rimedi”, ovvero che cosa dovrebbe succedere in caso di sentenza avversa all’esecutivo – cosa che di solito non avviene se non quando stiano considerando seriamente di dare ragione alla parte ricorrente. In secondo luogo, lo stringente interrogatorio di Hale all’avvocato del governo, Lord Keen, fa pensare che la presidente della Corte non sia rimasta affatto convinta dei suoi argomenti; e infine, il fatto stesso che la sentenza non sia ancora arrivata dovrebbe far scattare i campanelli di allarme.

Johnson da parte sua si è impegnato a rispettare la sentenza, ma Keen non ha escluso che il governo possa di nuovo ricorrere a una sospensione del Parlamento prima della scadenza della Brexit, il 31 ottobre prossimo. Molto dipenderà dai dettagli della sentenza, se cioè i giudici affermeranno che il premier ha volontariamente male informato la Regina – il che renderebbe la posizione di Johnson insostenibile – oppure se la sospensione abbia impedito la discussione o l’approvazione di una legge. In ogni caso, gli avvocati del governo cercheranno di valutare se la sentenza lasci la possibilità di una nuova sospensione su una base legale diversa, e dunque difficilmente la vicenda finirà qui.

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