Andrea Sempio e Alberto Stasi
Alberto Stasi si presenta a sorpresa nell’aula del tribunale di Pavia dove si chiude l’incidente probatorio sull’omicidio di Chiara Poggi. Condannato in via definitiva a sedici anni, l’ex studente della Bocconi assiste in silenzio all’udienza che potrebbe riaprire il caso più controverso della cronaca italiana. Al centro del dibattito il dna trovato sulle unghie della vittima, riconducibile alla linea paterna di Andrea Sempio, ora indagato per omicidio in concorso. La perita Denise Albani illustra i risultati delle analisi, ma le parti restano su posizioni opposte: per la difesa di Sempio la traccia è inutilizzabile, per l’accusa è un elemento che colloca il trentasettenne sulla scena del delitto.
Il Palazzo di giustizia di Pavia si riempie di cronisti e telecamere. Quando Stasi lascia l’aula, il caos. Lo inseguono per le strade, lo assediano. Lui cerca di farsi largo: “Così non andiamo da nessuna parte”, dice con tono pacato ai microfoni che lo incalzano. Alle domande su come stia e sull’udienza non risponde. È una presenza silenziosa ma ingombrante, quella dell’uomo che la Cassazione ha indicato come unico assassino di Chiara Poggi, uccisa il tredici agosto duemilasette nella villetta di via Pascoli a Garlasco.
L’avvocato Antonio De Rensis spiega il motivo della comparsa: “Voleva esserci perché lo riguarda e il Tribunale della Sorveglianza lo ha concesso”. In aula Alberto non proferisce parola. Ad aprire i lavori è la poliziotta scientifica Denise Albani, che illustra metodo ed esiti della perizia sul materiale genetico. Poi le domande: prima la Procura, poi le difese di Sempio e Stasi, infine la parte civile Poggi. Il nodo è tutto lì, nel dna estratto dalle unghie della ventiseienne. La traccia è riconducibile al ramo paterno di Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello della vittima. Ma la stessa Albani nella sua relazione di novanta pagine parla di “criticità”: il campione è parziale, misto, non consolidato.
E soprattutto non è possibile stabilire se derivi da un contatto diretto con Chiara oppure sia stato trasferito attraverso un oggetto toccato da entrambi in momenti diversi. “Il dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi non vale né come indizio né come prova”, taglia corto l’avvocato Liborio Cataliotti, legale di Sempio. “La perita Albani ha lavorato in modo egregio ma il dato emerso è giuridicamente inutilizzabile. Sempio frequentava quella casa e riteniamo che la traccia sia mediata dal contatto con oggetti: la tastiera del computer, il telecomando del televisore, l’asciugamano del bagno”. La difesa elenca in una relazione tutti gli elementi che il trentasettenne avrebbe potuto maneggiare durante le sue visite a casa Poggi.
Dall’altra parte della barricata, Procura e legali di Stasi leggono la compatibilità come un elemento dirimente. Per loro quel dna colloca Sempio sulla scena del delitto, un tassello che apre scenari nuovi: l’omicidio in concorso, magari con Stasi o con ignoti. Una lettura che la difesa del trentasettenne respinge con forza. “Siamo molto soddisfatti”, dichiara l’avvocata Angela Taccia uscendo dal tribunale.
“La dottoressa Albani ha spiegato ancora meglio il significato delle sue verifiche. Vorremmo dirvi di più, perché si chiarirebbe ulteriormente la posizione di Andrea Sempio, ma per deontologia non possiamo”. L’avvocato Francesco Compagna, legale della famiglia Poggi, mantiene una posizione netta: “Ben vengano gli approfondimenti, li abbiamo fatti e i risultati sono questi. Io sono convinto della colpevolezza di Stasi”. Poi aggiunge: “Il nostro ordinamento dà una strada, quella della revisione. Così però si rovina la vita delle persone innocenti”.
Gli approfondimenti sul versante dattiloscopico, affidati ai periti Domenico Marchegiani e Giovanni Di Censo, non hanno rilevato la presenza di Sempio nella villetta di via Pascoli. Nessuna delle circa sessanta impronte analizzate appartiene all’indagato. Nella spazzatura conservata dal 13 agosto 2007 emerge un unico elemento estraneo alla vittima: il dna di Alberto Stasi sulla cannuccia dell’Estathé.
Una novità che va contestualizzata con le dichiarazioni rese all’epoca dal fidanzato, oggi condannato come unico assassino. Sul tavolo della giudice Daniela Garlaschelli ci sono due macro argomenti: da un lato le impronte e le tracce trovate su oggetti conservati nella spazzatura, dall’altro il materiale genetico sulle unghie di Chiara. Due fronti che dividono le parti in causa e che ora dovranno essere valutati dalla Procura guidata da Fabio Napoleone per decidere se chiedere il rinvio a giudizio di Sempio oppure archiviare l’inchiesta.
Non mancano le polemiche sulla presenza di Stasi in aula. L’avvocato Domenico Aiello, difensore dell’ex procuratore aggiunto Mario Venditti indagato per corruzione in atti giudiziari, attacca con sarcasmo: “Oggi si è palesato in aula il titolare effettivo del subappalto di manodopera nel cantiere della revisione. Sarei curioso di capire in quale veste sarà registrato al verbale: spettatore abusivo, talent scout o osservatore interessato”. E conclude: “Ancora una grave violazione del codice di procedura penale. Spero non si sostituisca un candidato innocente con un altro sfortunato innocente”.
Le prossime settimane potrebbero portare sviluppi clamorosi. Secondo indiscrezioni, è attesa la consulenza del medico legale Cristina Cattaneo, autorità riconosciuta sulle scene del crimine. La sua analisi potrebbe cambiare l’orario della morte di Chiara Poggi, fissato dalla Cassazione tra le nove e dodici e le nove e trentacinque del tredici agosto duemilasette. Un allargamento della finestra temporale avvalorerebbe l’alibi di Stasi, che sostiene di essere stato a casa a lavorare alla tesi di laurea.
C’è aspettativa anche per la nuova analisi del teatro del delitto, la Blood pattern analysis, secretata dagli investigatori forse proprio perché contiene novità rispetto al passato. Nella probabile chiusura dell’inchiesta rientrerebbero le intercettazioni, lo studio del profilo psicologico di Sempio svolto dai carabinieri del Racis, l’indicazione di un movente e altri tasselli investigativi ritenuti rilevanti dai magistrati.
A tutto ciò si opporranno la difesa di Sempio e i legali della parte civile Poggi, secondo i quali allo stato non è emerso nulla di dirompente da scardinare la sentenza definitiva. I risultati degli accertamenti irripetibili confluiranno nel fascicolo dell’inchiesta e saranno determinanti per il futuro processuale di Andrea Sempio. L’ipotesi di un’archiviazione appare molto improbabile.
“Manco una star del rock”, osserva un avventore al bar vicino al tribunale. Alberto Stasi ha rubato la scena nel giorno dell’epilogo dell’incidente probatorio, lasciando sullo sfondo le diatribe sul dna e sui test scientifici. “Ma c’è Stasi!” urla un fotografo mentre le telecamere sono puntate sull’avvocato Compagna, primo a uscire dall’udienza a porte chiuse. Una massa di obiettivi e telefonini si precipita attorno all’ex studente della Bocconi, poi laureato in legge nel carcere di Bollate.
I legali De Rensis e Bocellari lo proteggono dalla calca, precisano che non può parlare ma ha voluto esserci: “È un giorno per lui importante, atteso da undici anni, da quando si parla di questo dna”. Qualcosa Stasi dice, per farsi largo: “Per favore lasciatemi andare”. Viene in mente a chi c’era quel 23 agosto 2007, quando sussurrò “Non mi schiacciate” all’uscita di un interrogatorio di nove ore davanti alla pm Rosa Muscio. All’epoca era il sospettato numero uno. Oggi l’aura che sembra emanare è quella dell’innocente condannato a una pena ingiusta. Ma sarà la giustizia a decidere se quella sentenza definitiva potrà mai essere ribaltata.