Il corpo del reato in un foglietto
La svolta investigativa, confermata da fonti qualificate, si regge su una prova documentale tanto semplice quanto gravida di conseguenze: un appunto manoscritto da Giuseppe Sempio durante la perquisizione del 26 settembre scorso nella sua abitazione. Quelle poche parole – “Venditti gip archivia per 20.30 euro” – sono state interpretate dalla Procura non come una nota di spese, ma come l’indizio del quid plurimum: il prezzo pattuito per la corruzione. Fonti investigative riferiscono che un complesso di elementi porta a ritenere Sempio padre l’organizzatore del presunto passaggio di denaro.
Le linee di difesa
Sul fronte difensivo, si registrano immediate smentite e dichiarazioni di stupore. L’avvocata Angela Taccia, legale di Andrea Sempio, ha categoricamente affermato che a Giuseppe Sempio “non è stata notificata alcuna formalità” che lo qualifichi come indagato. Perplessità è stata espressa anche dal legale d’ufficio, l’avvocata Marzia Gregorelli, la quale ha sottolineato di non aver ancora avuto accesso agli atti.
Le incongruenze finanziarie
A complicare la posizione di Giuseppe Sempio sono le sue stesse dichiarazioni. In una conversazione in auto con la moglie, intercettata dagli investigatori, faceva riferimento a soldi da versare a “quei signori lì”, da lui successivamente identificati come i propri legali. Tuttavia, la cifra complessiva sborsata – tra i 55.000 e i 60.000 euro in un arco temporale ristretto – ha suscitato il legittimo sospetto degli investigatori.
La strategia della Procura
La formalizzazione dello status di indagato per Giuseppe Sempio emerge da un atto notificato dalla Procura di Brescia: un “avviso di conferimento di incarico per accertamento tecnico non ripetibile”. Il consulente Matteo Ghigo è stato incaricato di estrarre una “copia forense” da tutti i dispositivi elettronici di Venditti e Sempio, inclusi i dati potenzialmente cancellati.
Le operazioni, calendarizzate per il 3 novembre 2025 a Pinerolo, dovranno concludersi entro un termine perentorio di 45 giorni. Questa mossa rappresenta un tentativo dell’Accusa di ovviare alle censure mosse dal Tribunale del Riesame, che aveva annullato i sequestri precedenti giudicandoli eccessivamente intrusivi.