Cassazione. Sicilia mafiosa lecito sostenerlo in libro scuola

Cassazione. Sicilia mafiosa lecito sostenerlo in libro scuola
7 aprile 2016

Rientra nella libertà di insegnamento, garantita dalla Costituzione, l’impiego di un libro di testo destinato agli studenti delle scuole medie inferiori nel quale, “con sufficiente richiamo ai contesti storici e alla cronaca anche recente”, si parla della Sicilia con “espressioni e giudizi generali perentoriamente negativi” definendola una regione nella quale la mafia “impedisce di governare per il bene della collettività” e “che riceve dallo Stato più di quello che dà e consuma più di quello che produce”. Lo ha stabilito la Cassazione respingendo il ricorso del governatore della Sicilia contro la casa editrice Principato e gli autori del libro ‘Geo Italia, le regioni’ nel quale venivano espressi giudizi molto duri sulla realtà socio economica dell’isola. Giudizi che la Presidenza della Regione riteneva diffamatori della popolazione. In primo grado, la casa editrice era stata condannata a risarcire la regione con 50 mila euro e a non ristampare i passi offensivi. In appello invece il ‘ritratto’ della Sicilia è stato ritenuto lecito e obiettivo. La Cassazione ora lo conferma. Ad avviso degli ‘ermellini’, la descrizione della realtà siciliana e della storia della regione non deve essere ‘edulcorata’ né sottoposta ad “autolimitazioni” da parte di chi ne scrive, non solo nelle inchieste giornalistiche ma anche nei libri di testo, e gli aspetti negativi della realtà sociale dell’isola non sono – come aveva affermato il verdetto di appello – “lesivi della reputazione dei ‘siciliani’ in quanto comunità, ma, casomai, sintomatici degli errori e dell’inadeguatezza di quei ceti dominanti che gli autori, iscrivendosi in una corrente culturale tanto ampia quanto inascoltata, indicano ai lettori come principali responsabili delle criticità che nessuno (neppure la difesa della Regione) può sottacere”.

 

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Secondo il principio di diritto affermato dalla Cassazione, “corrisponde al legittimo esercizio del diritto di libertà di insegnamento, garantito dall’art. 33 della Costituzione, l’impiego, in un libro di testo destinato a studenti di scuola media inferiore e quindi ad essere adottato da un docente e studiato sotto la sua direzione, di espressioni e di giudizi generali nel loro complesso perentoriamente negativi sulle condizioni e sulla complessiva realtà socioeconomica di una intera Regione, se articolati nel rispetto della correttezza formale e con sufficiente richiamo ai contesti storici e di cronaca anche recente, non esigendosi dagli autori di quello, neppure in considerazione dei destinatari dell’opera, alcuna autolimitazione o modalità particolari di formulazione, quali la moderazione o la misurazione delle espressioni o la modificazione dei toni dei giudizi, purché appunto le une e gli altri oggettivamente corretti e rispondenti almeno in linea di massima a fatti storicamente veri”. Quel che conta è che – rileva ancora la sentenza 6785 della Terza sezione civile, presidente Giuseppe Salmè, relatore Franco De Stefano – giudizi e generalizzazioni siano “adeguatamente calati” in un “retroterra culturale e storico di cui si dà ampio conto, sebbene unilateralmente prospettato e con esaltazione degli elementi negativi pure difficilmente negabili”.

 

Soprattutto in tema di libertà di insegnamento non è “concepibile” – sottolineano i supremi giudici – che le notizie “sostanzialmente vere”, quand’anche prospettate con prevalenza negativa “debbano essere offerte con toni limitati, se non perfino taciute in ossequio ad una malintesa moderazione” che finirebbe con “l’avvicinarsi pericolosamente ad una vera e propria forma di censura preventiva”. Nel libro c’erano, “benché obiettivamente limitati”, spunti “a difesa dei molti siciliani che si sono ribellati alla mafia e al maggiore impegno dello Stato” nella lotta a Cosa Nostra. Tra i passi negativi: “il potere mafioso ha stabilito sull’isola un clima di violenza che avvelena i rapporti tra la gente, dissangua ogni attività economica e impedisce di governare per il bene della collettività”. “Periferie anonime, talvolta persino prive delle fognature, sono cresciute in condizioni di massimo degrado sociale; abbandonati a se stessi, questi quartieri sono diventati inferni urbani, dove la criminalità non ha freno”. “L’economia si basa sull’assistenza dello Stato, sotto forma di sovvenzioni di opere pubbliche e pagamento di pensioni; la spesa pubblica però, più che dare impulso produttivo, ha alimentato un intreccio di corruzione tra forze politiche e criminalità”.

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