Il cda di Poste guadagna più di Obama

Il cda di Poste guadagna più di Obama
11 marzo 2016

di Laura Della Pasqua

Meno postini, meno personale allo sportello e più quadri e dirigenti. Compensi stratosferici per i consiglieri d’amministrazione che sono arrivati a guadagnare più del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. È quanto succede alle Poste, come rivela un dossier commissionato dalla Uil alla società di ricerca Eures e che si riferisce al 2014. Il curatore del rapporto Fabio Piacenti spiega che la fonte è la Relazione al bilancio di Poste relativa al 2014. Una precisazione che si sovrappone alla smentita dell’azienda. Ma veniamo ai numeri del dossier: i membri del cda di Poste italiane in dieci anni hanno visto lievitare la busta paga del 189,3% passando dai 178mila euro lordi all’anno nel 2005 a punte di 515mila euro lordi del 2014. Effetto, spiega il rapporto, dovuto anche alla riduzione da 11 a 5 del numero dei componenti del Cda che “ha di fatto consentito di spalmare gli aumenti di salario e di spese per rappresentanza su una platea più ristretta di persone il cui costo complessivo per l’azienda è passato dai poco meno di 2 milioni di euro del 2005 ai 2,57 milioni di euro del 2014 con un aumento del 31,5%”. La Uil Poste sottolinea come le retribuzioni degli organi amministrativi del braccio operativo del Gruppo Poste superino di gran lunga il salario del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama che si aggira intorno ai 370mila euro l’anno. Il dossier illustrato dal segretario del sindacato Pier Paolo Bombardieri, mette in evidenza che anche gli stipendi dei dirigenti sono saliti (+44,9%): il costo medio per ciascuno di essi, infatti, è passato da 174.600 euro del 2005 a 253mila del 2013. Il resto del personale, cioè quello operativo, si è dovuto invece accontentare delle briciole: in dieci anni la loro busta paga, dice il dossier, è cresciuta solo dell’8,1%, “una variazione inferiore a quella dell’inflazione” con, denuncia ancora il sindacato, “una riduzione del potere d’acquisto”.

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Mentre gli stipendi dei vertici aumentavano, i posti diminuivano con una spending review al contrario. In dieci anni si sono persi 7.000 posti di lavoro stabile: da 145 mila addetti del 2005, si è scesi a 138mila nel 2014. I tagli hanno riguardato le figure operative (-8.744 unità) mentre è cresciuto il numero di quadri aziendali (1.509 unità in più). L’organico si è ridotto di 11 mila unità (da 155,6mila a 144,6mila). Secondo la Uil, la carenza di personale e il piano operativo della società mette a rischio il servizio di corrispondenza. Bombardieri ha mostrato delle foto in cui si vedeva posta accumulata dentro scaffali: “È la corrispondenza messa negli scantinati. Siamo pronti a far avere le fotografie alla magistratura”. L’accusa della Uil è che “non c’è chiarezza su cosa succede, sui 260 milioni che Poste riceve dallo Stato per la correttezza del servizio di corrispondenza”. In serata è arrivata la smentita delle Poste. “Gli emolumenti spettanti ai consiglieri di amministrazione sono stati fissati dall’assemblea ordinaria a inizio mandato (maggio 2014) e ammontano a 60.000 euro lordi annui per il presidente e 40.000 euro lordi annui per i consiglieri. Il Cda ha altresì deliberato (dicembre 2015) di riconoscere ai consiglieri, in ragione della loro partecipazione ai Comitati costituiti al suo interno, ulteriori compensi. Comitato Controllo e Rischi: 30.000 euro per il rispettivo presidente e 20.000 euro per gli altri due membri; Comitato Remunerazioni: 20.000 euro per il rispettivo presidente e 15.000 euro per gli altri due membri; Comitato Nomine: 20.000 euro per il rispettivo presidente e 15.000 euro per gli altri due membri”. (foto, Francesco Caio amministratore delegato Poste Italiane)

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