Che fine fanno i beni confiscati? Servono nuove norme. Musumeci, l’Agenzia non ha dato i risultati sperati

17 maggio 2014

Una volta confiscati alla mafia, i beni che fine fanno? Qual e’ la destinazione piu’ efficace, la piu’ ‘sana’, la piu’ proficua per la societa’ e l’economia? E come gestire patrimoni illegali che, in mano allo Stato, possono diventare concrete risorse per il territorio? Questi i principali interrogativi sollevati in occasione del convegno di studi sul tema dei beni confiscati alla malavita e sulla possibilita’ di “investirli” a supporto del Microcredito, che si e’ tenuto al Tribunale di Catania. Accesso al credito: questo l’ostacolo che il disegno di legge di modifica del Testo unico antimafia intende superare avanzando una proposta: prevedere e autorizzare l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata (Anbsc) a prestare garanzia vincolando uno o piu’ beni in relazione alla loro ubicazione per Regione, stabilendo cosi’ la destinazione territoriale della concessione del finanziamento.

Per concedere, dunque, una boccata di ossigeno a quelle stesse aree vittime della gestione criminale: depauperate, svilite, umiliate. Soprattutto alle imprese confiscate, che subito dopo il sequestro entrano nel vortice del rischio fallimento, come sottolineato dal procuratore di Catania Giovanni Salvi e dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati, sezione Catania, Pasquale Pacifico: “I tempi di sopravvivenza di queste aziende subito dopo il sequestro giudiziario sono brevissimi, con il rischio tangibile di uscire dal mercato in pochi giorni se non supportate a dovere e guidate con strumenti idonei”. Quella di oggi e’ stata definita dal presidente Commissione antimafia dell’Ars Nello Musumeci “Una denuncia, piu’ che una proposta. Oggi lo Stato – ha affermato – nelle sue articolazioni, ha dimostrato incapacita’ di gestione. La costituzione dell’Agenzia – peraltro avvenuta con grande ritardo – non ha dato i risultati sperati, non riuscendo a (inter) connettersi con il territorio e i suoi attori. I beni confiscati in Sicilia sono il 36,5% di quelli nazionali: perche’ non rendere utile questo patrimonio?”.

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