La gerarchia si scrive in allenamento
Alla vigilia del match contro l’Udinese, il tecnico nerazzurro disegna i contorni di una squadra in cui il talento non è un titolo di rendita, ma un privilegio che si conquista ogni giorno in allenamento. Un messaggio chiaro e potente, l’unica strada percorribile per navigare un autunno fitto di impegni tra campionato e Champions League.
Nessun nome è inciso sul marmo dei titolari. Nemmeno quello di Hakan Calhanoglu, pur definito “un giocatore importante” per la sua mentalità e per la voglia di “lasciarsi alle spalle la passata stagione”. La fiducia è totale, ma nulla è dato per scontato.
È questo il primo, fondamentale principio che Chivu ha impresso nel DNA della squadra. Il concetto di turnover non è un mero esercizio di rotazione, ma un meccanismo preciso che si inceppa se non alimentato dalla competizione interna.
Una visione che trasforma ogni sessione di allenamento in un provino a porte chiuse, dove anche un giovane come Pio Esposito, “con i piedi per terra e l’umiltà giusta”, può ambire a scrivere la propria storia.
Strategia e versatilità: le armi per una stagione infinita
La densità del calendario impone soluzioni tattiche flessibili e Chivu non si sottrae. Apre alla possibilità di schierare tre attaccanti, “in base alle necessità”, in un ventaglio di opzioni che arricchisce il potenziale offensivo dell’Inter.
La stessa versatilità è richiesta ai singoli. Come nel caso di Davide Frattesi, descritto come “una mezzala di inserimento” ma perfettamente adattabile al ruolo di trequartista o addirittura in grado di abbassarsi a protezione di una mediana a due per garantire “la densità giusta”.
Uno schema di gioco che, quindi, diventa fluido e si modella sulle caratteristiche degli uomini a disposizione, i quali a loro volta devono essere pronti a interpretare più posizioni.
La trappola Udinese e l’ossessione per il presente
In questo clima di fervore progettuale, però, Chivu frena ogni tentazione di guardare al futuro. La Champions League può attendere. L’unica ossessione è l’Udinese, avversario subdolo e “strutturato”, dotato di un centrocampo fisico e di caratteristiche tecniche che lo rendono “difficile da affrontare”.
L’avvertimento per la sua squadra è triplice: non sbagliare in mentalità, in atteggiamento e, soprattutto, in qualità. Perché la meritocrazia, in fin dei conti, si misura anche e soprattutto in gara.
Un metodo che non promette certezze, ma solo opportunità. La domanda che resta sospesa è se questa pressione competitiva costante si rivelerà il carburante perfetto per una stagione da protagonista o un fuoco che rischia di consumare troppo in fretta le sue stesse energie.
La risposta inizia a scriversi domani, contro l’Udinese. Un esame, il primo di una lunga serie, in cui l’unico biglietto da visita accettato è quello sporco di fango e sudore.