Cronaca

“Ci ammazzano come animali”, sciopero dei braccianti in Calabria

‘Ci ammazzano come animali’: poche parole, dopo l’uccisione a fucilate di un 29enne del Mali, che raccontano tutto della comunità dei migranti in Calabria, 3500-4000 braccianti agricoli che per pochi euro raccolgono agrumi nella piana di Gioia Tauro. Rabbia, proteste e roghi dei braccianti della tendopoli di San Ferdinando e oggi hanno scioperato dicendo di no ai caporali e chiedendo giustizia per Soumaila Sacko.

Soumaila Sacko era in Italia, regolare, da 5 anni, per lavorare e mandare i soldi in Mali alla giovane moglie e alla figlia di 5 anni. Viveva nella nuova tendopoli di San Ferdinando. Tre euro all’ora per raccogliere arance o kiwi. Sabato sera aveva deciso di aiutare due connazionali che abitano nella vecchia baraccopoli e con loro era andato, a piedi, a una vecchia fabbrica dismessa. Pochi chilometri dalla tendopoli, lungo la statale 18, in contrada Calimera di San Calogero, vicino Rosarno. Cercavano lamiere per le baracche. Un uomo ha sparato a distanza di qualche decina di metri con un fucile a pallettoni: Soumaila è stato colpito alla testa, inutile la corsa in ambulanza all’ospedale di Reggio Calabria, non ce l’ha fatta. Gli altri due migranti, che hanno raccontato tutto ai carabinieri, uno illeso, l’altro ferito ad una gamba. Soumaila era in prima fila nelle lotte dell’Usb, per i diritti dei braccianti e il sindacato in suo nome e nel nome dei diritti di tutti i braccianti sfruttati della piana di Gioia Tauro oggi ha indetto uno sciopero: ‘I caporali avrebbero voluto che oggi i braccianti della piana di Gioia Tauro riprendessero le loro giornate fatte di miseria e sfruttamento, senza creare problemi.

Ma questa mattina decine di braccianti di San Ferdinando nonostante tutto hanno avuto ugualmente il coraggio di scendere in piazza con l`Unione sindacale di base, per lo sciopero del settore proclamato dopo l`assassinio di Soumaila, che alle lotte di Usb aveva attivamente partecipato. Chi non ha manifestato, ha comunque scioperato’. Con loro si sono mobilitati i braccianti della Puglia, bloccando completamente il lavoro, e quelli della Basilicata. Presidi sono stati organizzati davanti alle prefetture di Roma, Milano, Potenza. L`appuntamento principale rimane fissato a Roma, sabato 16 giugno, dove – spiega l’Usb – si terrà la manifestazione nazionale ‘per combattere le disuguaglianze sociali e rompere i vincoli della Ue, quelli per esempio dei Trattati di Dublino che consentono all`Europa di disinteressarsi del problema migranti. Per ricordare al nuovo governo che al primo posto c`è il ristabilimento di dignità e diritti per chi lavora’, sotto lo slogan #primaglisfruttati. Per il sindacato quello di sabato è stato ‘un tiro al bersaglio’, e attacca il ‘ministro di polizia’ Matteo Salvini, neo titolare dell’Interno: ‘Sempre in prima linea nelle lotte Usb, Soumaila Sacko in Italia era arrivato in cerca di lavoro e futuro, per sé, per la moglie e la figlia rimaste in Mali, trovando invece una paga oraria di 3 euro.

Che qualcuno chiama pacchia’. A Salvini l’Usb ‘manda a dire che si schiera compatta con i migranti della piana di Gioia Tauro, con tutti i migranti in fuga da guerre e miseria e non permetterà che in Italia abbia diritto di cittadinanza la sua dottrina neofascista e razzista’. La prima risposta è stata lo sciopero dei braccianti proclamato da Usb per oggi, lunedì 4 giugno con assemblea in tuti i posti di lavoro. Per gli inquirenti non ci sono al momento elementi che indichino una matrice razzista e le indagini continuano per identificare l’autore dell’omicidio, e da qui chiarire anche il movente. Su un elemento però la certezza c’è: nessun furto da parte dei migranti, quella fabbrica era abbandonata e così i materiali rimasti, anni fa era stata sottoposta a sequestro, il proprietario è morto da tempo e non c’è nessun propietario che reclama beni tantomeno lamiere. Un gruppo di braccianti oggi ha anche sfilato in corteo a San Ferdinando, e i migranti hanno comunque rabbia e paura: ‘Basta razzismo’, ‘schiavi mai’, ‘tocca a uno tocca a tutti’, hanno scandito in coro.

Aboubakar Soumahoro, giovane ivoriano dell’esecutivo nazionale Usb ha guidato il corteo e la delegazione che è stata ricevuta in comune. ‘Abbiamo fatto le nostre richieste: quelle della famiglia di Soumaila e quelle degli altri braccianti’, ha dichiarato dopo l’incontro, sottolineando: ‘Prima di tutto la versione del furto e della sparatoria circolata in Rete la rimandiamo al mittente, è stato un assassinio. Chi ha manipolato in questo senso l’informazione non ha fatto bene alla giustizia. In secondo luogo, abbiamo rivolto la richiesta della compagna, e madre di sua figlia, 5 anni, di vedere la salma’. E poi l’appello: ‘Il ministro del Lavoro di Maio si deve rendere disponibile qui sul territorio per un confronto con noi. Dove è la tendopoli è una zona speciale, e se qualcuno ha un progetto per questa zona deve ascoltare le nostre richieste, quelle dei lavoratori, dei braccianti. Non può essere un’altra tendopoli: vogliamo le case’, ha scandito. Un’altra richiesta è quella di una cassa di solidarietà per le spese legali e il rientro della salma di Soumaila in Mali.

Il sindaco e il vicequestore presenti all’incontro – ha riferito – ‘si sono impegnati a trasmettere le nostre richieste, per loro si tratta di un crimine, quindi il furto non sta in piedi. Appena la magistratura terminerà le indagini e il corpo sarà messo a disposizione dei familiari c’è l’impegno al trasferimento in Mali. Si sono impegnati anche a riferire le nostre richieste d’incontro a Di Maio’. Perché ‘c’è bisogno del ministro del lavoro qui, la polizia fa le sue indagini, ma quando un bracciante viene schiavizzato è competenza del ministro del Lavoro’. ‘Noi – ha promesso Aboubakar – non ci fermiamo qui, saremo pronti a verificare gli impegni presi giorno dopo giorno, ora dopo ora, e torneremo nelle strade. A partire dal 16 giugno a Roma, manifestazione che coinvolgerà disoccupati e precari, e tutti quelli che amano questo territorio e sono costretti a fuggire’. ‘La questione della nostra situazione, lavorativa, abitativa e sociale non può diventare un assassinio’, ha aggiunto il sindacalista ivoriano, chiedendo ‘giustizia alla luce del sole con serenità e calma’. E ‘chi pensa di mettere in contrapposizione migranti e italiani si illude, perché noi abbiamo l’intelligenza di parlare con gli italiani, loro sanno che lavoriamo e siamo sfruttati’

Dalla rivolta di Rosarno del 2010, poco infatti è cambiato nel ghetto dei braccianti, come emerge dal report, datato maggio 2018, ‘I dannati della terra’ della no profit Med, Medici per i diritti umani, sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella piana di Gioia Tauro: almeno 3500 persone tra i vari insediamenti ‘informali’ della piana, che assicurano ‘manodopera flessibile e a basso costo per i produttori locali di arance, kiwi e clementine’, e ‘condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate da pratiche illecite e situazioni abitative di degrado e marginalizzazione continuano a rappresentare i caratteri dominanti di un contesto dove poco è cambiato rispetto agli anni passati’. La gran parte dei braccianti si concentra nella zona di San Ferdinando, a pochi passi da Rosarno, nella vecchia tendopoli, che accoglie il 60% dei lavoratori migranti della zona, in un capannone e in una vecchia fabbrica: ‘Circa tremila persone – si legge nel report – vi alloggiano, tra cumuli di immondizia, bagni maleodoranti e fatiscenti, bombole a gas per riscaldare cibo e acqua, pochi generatori di benzina, materassi a terra o su vecchie reti e l’odore nauseabondo di plastica e rifiuti bruciati’, ‘preoccupanti condizioni igienico sanitarie aggravate dalla mancanza di acqua potabile e i frequenti roghi’.

E ‘gli interventi istituzionali restano frammentari, parziali e inefficaci’. Inoltre – avverte Med – ‘dal punto di vista sanitario le precarie condizioni di vita e di lavoro pregiudicano in maniera importante la salute fisica e mentale dei lavoratori stagionali’, e le malattie riscontrate ‘sono riconducibili allo stato di indigenza e di precarietà abitativa’, e ‘ad una intensa attività lavorativa’, oltre ai segni e alle conseguenze delle torture, subite per lo più nei campi di smistamento in Libia. Braccianti-migranti, anche clandestini? No. Secondo il report di Med ‘il 90% dei lavoratori incontrati è regolarmente soggiornante, la maggior parte ha il permesso di soggiorno per motivi umanitari o per richiesta di asilo’. Eppure, nonostante la regolarità dei soggiorni, ‘solo il 27,82 per cento lavora con contratto’ e anche in questo caso nella quasi totalità manca la busta paga, con le ore lavorate, spia di ‘condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate dal mancato rispetto dei diritti e delle tutele fondamentali dei lavoratori agricoli, che pure rappresentano tuttora il carburante per l’ecomomia locale’.

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