Politica

Cina e India sull’orlo dello scontro in parte contesa del Kashmir

La situazione al confine himalayano tra Cina e India è sempre più calda e il rischio che un limitato conflitto frontaliero diventi qualcosa di più, tra potenze dotate di massicci eserciti e di armi nucleari, è concreta. Dopo lo scontro del 15 giugno con mazze chiodate tra soldati delle due parti – costato la vita a 20 indiani – i segnali che Pechino e Nuova Delhi stiano alzando la pressione più che abbassarla sono molteplici. Il primo ministro britannico Boris Johnson, parlando ieri alla Camera dei Comuni, ha definito la situazione nel Ladakh orientale “estremamente grave e preoccupante” e ha invitato le parti a ragionare, dialogare, evitare ulteriori escalation. Ma Pechino e Nuova Delhi continuano a rimpallarsi la responsabilità di quanto accaduto il 15 giugno.

Media indiani oggi hanno segnalato che, sulla base delle immagini satellitari, appare chiaro che la Cina stia rafforzando le sue posizioni militari nel Ladakh. Nella valle di Galwan, proprio dove i soldati delle due parti si sono scontrati, secondo quanto scrive il Times of India, l’Esercito di liberazione popolare cinese ha installato un suo campo, mentre nella piana di Depsang sta rafforzando le sue posizioni facendo affluire soldati e armi. La crisi tra questi due giganti asiatici – messi assieme fanno quasi la metà della popolazione totale mondiale – mette sotto stress anche il sistema delle alleanze e dei rapporti in cui sono inquadrati.

Questa settimana il ministro della Difesa indiano Rajnath Singh ha visitato Mosca e ha chiesto alla Russia, un paese che gode di buone relazioni con la Cina, di accelerare con la fornitura all’India del suo sistema di difesa missilistica S-400 Triumph. Si tratta di una commessa già a uno stato avanzato, da 5,3 miliardi di dollari. Nuova Delhi avrebbe dovuto riceverla entro dicembre 2021, ma la pandemia COVID-19 ha portato Mosca ad annunciare un ritardo nella consegna. La Cina già è in possesso del sistema S-400, mentre l’India è ancora ferma al meno avanzato sistema S-300.

Gli altri attori che guardano con interesse all’evoluzione della crisi himalayana sono gli Stati uniti. Secondo l’esperto Liu Xiang, interpellato dalla testata ufficiale cinese Global Times, dietro le mosse dell’India – che Pechino considera pienamente responsabile degli eventi della valle di Galwan – ci sarebbe proprio la strategia indo-pacifica di Washington, che avrebbe suggerito ai decisori indiani di spingere sul confine conteso. Si tratterebbe, secondo il ricercatore dell’Accademia cinese di scienze sociali, di un comportamento simile a quello che portò al conflitto del 1962. “Un giudizio molto simile fu dato nel 1962 – dice Liu – in una situazione simile. La Cina allora aveva tensioni con due superpotenze, gli Usa e l’ex Unione sovietica, e doveva anche affrontare questioni interne, come la povertà e la fame. Così gli indiani pensarono di poter prendere la terra cinese”. Il sottinteso è che gli indiani, quella guerra, la persero. askanews

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