Civiltà cattolica diventa ‘internazionale’, quattro lingue per cinque continenti

Civiltà cattolica diventa ‘internazionale’, quattro lingue per cinque continenti
9 febbraio 2017

Nata prima che il Risorgimento sfociasse nell`unità d`Italia, come contrappunto ai fogli anticlericali dell`epoca ma usandone lo stesso linguaggio, e con pari militanza, la Civiltà cattolica, quindicinale dei gesuiti pubblicato dal 1850 con l`imprimatur del Vaticano, “torna” ad essere una rivista internazionale con il lancio, in occasione del fascicolo 4000 che esce sabato prossimo, di mensili in spagnolo, inglese, francese e coreano che verranno distribuiti nei cinque continenti.

CIVILTA’ CATTOLICA “L`idea di fare Civiltà cattolica almeno in un’altra lingua, l`inglese, è un`idea antica, che viene come minimo dagli anni del Concilio: ci pensarono, poi non se ne fece nulla. Ho sempre avuto questa idea nel cuore, leggendo gli scritti dei miei predecessori, ad esempio padre Tucci e padre Sorge, che parlavano esplicitamente di una rivista dal valore internazionale – dice il direttore e gesuita Antonio Spadaro -. Oggi fare una rivisita di cultura significa fare una rivista con sguardo internazionale. Il primo passo, quindi, è stato coinvolgere gesuiti che parlano e scrivono in altre lingue, provenienti da altri ambienti culturali, capaci di una riflessione seria e al contempo testimoni diretti di quelle culture. L`idea è che il messaggio elaborato da Civiltà cattolica può avere una portata più ampia dei confini nazionali – che sono importanti: non abbandoniamo affatto il panorama italiana – ma raggiungere un auditorio più ampio è diventato sempre più importante, e e si è incrociato – questo il secondo passaggio – con proposte che mi sono arrivate dall`esterno di una pubblicazione in altre lingue”.

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4 LINGUE PER 5 CONTINENTI Introducendo l`udienza papale, il superiore dei gesuiti, il venezuelano Artuso Sosa, ha parlato di una cattolicità, dunque di una universalità, che in questo frangente storico “acquista nuova profondità. Pubblicare in più lingue, dunque, non è solo una conseguenza della globalizzazione, ma ha una dimensione quasi teologica? “.”La rivista – spiega padre Spadaro – ha sempre interpretato la propria cattolicità con la `capacità di comporsi con ogni forma di cosa pubblica`, definizione del 1851, di entrare in relazione con l`umano, nella maniera più ampia e profonda possibile. Un discorso valido anche oggi che prevalgono tendenze a restringersi nei nazionalismi. E` chiaro che la rivista che esce in altre lingue non è la colonizzazione di una rivista italiana tradotta in altre lingue, il processo è l`opposto. Noi vogliamo innanzitutto ascoltare, ricevere contributi in altre lingue, che traduciamo nella nostra, e sentiamo il desiderio di uscire in altre lingue, in modo che questi contributi vengano diffusi, che ci sia un incrocio, un ponte nel senso di una piattaforma di culture e lingue. E` un`operazione di ascolto. Nel momento in cui uno trova la rivista nella sua lingua si sente compreso e contribuisce più facilmente. I nostri articoli chiave, soprattutto quelli che accompagnano il pontificato, e per i quali peraltro il Papa ci ha ringraziato dicendo che sono corretti, rimangono, ma i contributi ci arrivino anche da altri contesti e vengono poi diffusi in altre lingue. C`è quindi una visione teologica che guida questa innovazione che nel suo dna era già presente in origine: nel 1850, quando nasce la Civiltà cattolica, l`Italia non esisteva ancora. La rivista nasce dunque internazionale, superava i confini degli Stati, doveva passare le censure tra uno Stato e l`altro, lavoro abbastanza complesso.Nasce internazionale, diventa nazionale e oggi, dopo 150 anni, ridiventa internazionale”.

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