Clima, al via la prima causa contro lo Stato italiano per inazione

Clima, al via la prima causa contro lo Stato italiano per inazione
6 giugno 2021

Oltre duecento ricorrenti hanno citato in giudizio lo Stato italiano per l’assenza di politiche ambientali efficaci nel contrasto al cambiamento climatico. La causa legale, promossa nell”ambito della Campagna Giudizio Universale, si inserisce tra i contenziosi climatici promossi dalla società civile in oltre 40 Paesi di tutto il mondo. Per la prima volta la società civile fa causa allo Stato affinché si assuma le sue responsabilità di fronte all”emergenza climatica. Il primo contenzioso climatico della storia d”Italia è stato presentato il 5 giugno alle ore 11:00 presso l”Hotel Nazionale di Montecitorio con un evento riservato ai giornalisti. La causa è stata avviata di fronte al Tribunale Civile di Roma nei confronti dello Stato, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dei 203 ricorrenti della causa fanno parte 24 sono associazioni, 17 minori – rappresentati in giudizio dai genitori – e 162 adulti. L”azione legale è promossa nell’ambito della campagna di sensibilizzazione intitolata evocativamente “Giudizio Universale”, per sottolineare l”urgenza di mettere in campo azioni concrete di contrasto al cambiamento climatico.

Primo ricorrente dell”azione è l”Associazione A Sud, da anni attiva nel campo della giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani che l”emergenza climatica rischia di compromettere”. “Oggi scriviamo la pagina italiana della storia del movimento globale per la giustizia climatica. Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza delle sfide imposte dall’emergenza ambientale, la via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico. Come società civile abbiamo il compito di fare tutto il possibile per scongiurare la catastrofe alle porte, per questo abbiamo deciso di promuovere la prima causa climatica italiana”, dichiara a nome di A Sud Marica Di Pierri, portavoce dell”associazione.

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I ricorrenti sono stati assistiti da un team legale composto da avvocati e docenti universitari, fondatori della rete di giuristi Legalità per il clima. A patrocinare la causa l”Avv. Luca Saltalamacchia, esperto di tutela dei diritti umani e ambientali e l”Avv. Raffaele Cesari, esperto di Diritto civile dell”ambiente, assieme al Prof. Michele Carducci, dell”Università del Salento, esperto di Diritto climatico. “Questo giudizio si inserisce nel solco dei contenziosi climatici contro gli Stati che si stanno celebrando in tutto il mondo. Nasce dalla incontrovertibile contraddizione che esiste tra le misure di contenimento delle emissioni che lo Stato italiano dovrebbe adottare per contrastare efficacemente il riscaldamento globale e le inadeguate iniziative concretamente poste in essere. Non chiederemo al Giudice alcun risarcimento, ma piuttosto di ordinare allo Stato di abbattere le emissioni di gas serra per portarle ad un livello compatibile con il raggiungimento dei target fissati dall’Accordo di Parigi al fine di tutelare proteggere i diritti fondamentali dell”uomo”, dichiarano gli avvocati.

Gli obiettivi della causa: Obiettivo generale dell”iniziativa legale: chiedere al Tribunale di dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all”emergenza climatica e che l”impegno messo in campo è insufficiente a centrare gli obiettivi di contenimento della temperatura definiti dall”Ac- cordo di Parigi. Un”insufficienza che ha come effetto la violazione di numerosi diritti fondamentali. Tra le argomentazioni della causa legale spicca, infatti, la relazione tra diritti umani e cambiamenti climatici e la necessità di riconoscere un diritto umano al clima stabile e sicuro. Le richieste specifiche avanzate dai ricorrenti al giudice sono: – dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all”emergenza climatica; – condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livello 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell”Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali.

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I dati scientifici a sostegno delle richieste:

La percentuale di riduzione delle emissioni è stata calcolata da Climate Analytics, importante organizzazione indipendente per la ricerca sul cambiamento climatico, che ha realizzato uno specifico report per A Sud sulla valutazione dei trend di riduzione delle emissioni nel nostro Paese. Secondo quanto si legge nel rapporto “seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, ci si attende che le emissioni al 2030 siano del 26% inferiori rispetto ai livelli del 1990. Stando a queste proiezioni del governo, però, l’Italia non riuscirà a raggiungere il suo modesto obiettivo di ottenere una riduzione del 36% entro il 2030 come stimato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). […] Tra i paesi europei che pianificano il passaggio dal carbone al gas, l’Italia ha il più alto consumo di gas pianificato per gli anni 2020”. “Sebbene l’Italia stia puntando a una quota del 30% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia entro il 2030, non ha attualmente le politiche in atto per raggiungere questo obiettivo”, prosegue il documento. Non solo, ad oggi, l”attuale obiettivo dell’Italia rappresenta un livello di ambizione così basso che, se altri Paesi dovessero seguirlo, porterebbe probabilmente a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3°C entro la fine del secolo”, conclude.

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