Colpo alla mafia dei giochi online: sigilli per oltre 40 milioni al pentito Lanzafame
Maxi sequestro in Sicilia e Romania, sigilli al patrimonio del ‘pentito delle scommesse’
La Guardia di Finanza di Catania ha inferto un duro colpo alla criminalità organizzata, sequestrando beni per un valore complessivo stimato in oltre 40 milioni di euro a carico di Fabio Lanzafame, 53 anni, collaboratore di giustizia ribattezzato “il pentito delle scommesse”. L’operazione, che ha coinvolto anche l’Agenzia dell’Unione Europea Eurojust e le autorità rumene, ha messo i sigilli a un impero economico composto da attività commerciali, immobili tra Sicilia e Romania, conti correnti e denaro contante, smascherando il patrimonio illecitamente accumulato dall’uomo, contiguo sia al clan Santapaola-Ercolano che al sodalizio Cappello-Bonaccorsi.
I finanzieri etnei hanno eseguito un provvedimento che ha colpito in modo mirato e capillare l’ingente ricchezza di Lanzafame, siracusano di nascita ma residente a Pitesti, in Romania. L’elenco dei beni sottoposti a vincolo è impressionante per varietà e consistenza: venti attività commerciali, di cui dodici italiane e otto estere, tutte operanti nei settori nevralgici dei giochi e scommesse e dell’immobiliare. Ma l’attenzione si concentra soprattutto sul mattone: ben 89 beni immobili, localizzati strategicamente tra Italia e Romania. In Italia, i sigilli sono scattati su proprietà nelle province di Catania (1), Siracusa (30) e Gorizia (1). All’estero, l’asse patrimoniale si estendeva a Bucarest (3) e, in misura massiccia, nella città rumena di Pitesti (57 unità immobiliari).
Tra i cespiti di maggior pregio spicca una porzione di un palazzo storico nel cuore dell’isola di Ortigia, a Siracusa, a pochi passi dalla centralissima Piazza Duomo. All’estero, il sequestro ha riguardato un’elegante palazzina in stile neoclassico di circa 900 metri quadrati, situata nel pieno centro di Pitesti, oltre a una villetta signorile di 280 metri quadrati con giardino annesso, ubicata nella zona residenziale del medesimo centro urbano rumeno. Al patrimonio illecito sono stati aggiunti anche due autoveicoli, venti conti correnti bancari e ingenti somme di denaro contante. L’esecuzione del provvedimento ha richiesto il coinvolgimento dell’Agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), in stretta collaborazione con l’Autorità Giudiziaria rumena (Ct2), a dimostrazione della complessa rete transnazionale messa in piedi dall’imprenditore-criminale.
Le condanne e l’infiltrazione mafiosa
Lanzafame non è un nome nuovo negli annali della giustizia. L’uomo è stato già condannato con sentenze emesse nel 2020 e nel 2022 a una pena complessiva di circa sette anni di reclusione. Il capo d’accusa che lo ha portato alla sbarra è il suo ruolo di organizzatore di un’associazione a delinquere dedita a plurimi reati che spaziano dall’esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse alla truffa aggravata ai danni dello Stato, dal trasferimento fraudolento di valori all’autoriciclaggio e riciclaggio dei proventi illecitamente accumulati. Le aggravanti contestate sono di assoluta gravità: l’aver agevolato il gruppo Placenti, articolazione della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano (zona Lineri di Misterbianco), e il clan Cappello-Bonaccorsi. La sua azione è stata determinante nell’infiltrazione di Cosa Nostra catanese e del sodalizio dei Cappelloti nel mercato illegale dei giochi e delle scommesse a distanza.
L’attività criminosa si svolgeva attraverso la diffusione di prodotti di gioco illegali in agenzie di scommesse e Centri Trasmissione Dati (CTD) nel territorio siciliano. Il prodotto non autorizzato veniva veicolato in modo occulto e parallelo a quello legale, creando una vera e propria zona grigia controllata dalla criminalità. Pur non essendo un membro organicamente inserito nelle gerarchie mafiose, Lanzafame si è rivelato un collaboratore essenziale per i clan. La sua specializzazione era di natura tecnico-informatica. È stato lui a ideare e fornire l’intero apparato tecnico e informatico necessario per la realizzazione del complesso sistema di reti telematiche delle “scommesse on line”.
Il ruolo cruciale di Lanzafame
L’imprenditore ha messo a disposizione dei sodalizi criminali i suoi collaboratori più fidati, garantendo il funzionamento di un’architettura tecnologica sofisticata. In cambio di questo servizio cruciale, Lanzafame riconosceva ai clan una percentuale significativa sugli introiti generati dalle giocate illecite. Senza il suo contributo, l’accesso delle cosche al settore del “gaming online” sarebbe stato assai più complesso. Grazie al suo supporto, i clan sono riusciti a penetrare il mercato non solo con sistemi abusivi, ma anche attraverso l’acquisizione di licenze e autorizzazioni necessarie per l’apertura e la gestione di sale scommesse e attività commerciali, in particolare nelle province di Catania e Siracusa e in altre località del territorio siciliano.
L’ultima fase del meccanismo criminale era dedicata al riciclaggio. Lanzafame, servendosi di diverse persone a lui vicine, aveva architettato un sistema per trasformare enormi quantità di denaro liquido in cripto-valute, una mossa studiata per rendere le tracce finanziarie più labili e difficili da seguire. Contestualmente, aveva proceduto all’intestazione fittizia a terzi di numerosi beni e attività economiche. L’obiettivo era chiaro: mascherare la reale entità del proprio patrimonio, frutto esclusivo di attività illegali, nel tentativo di scongiurare o quantomeno ridurre il rischio di possibili sequestri da parte dello Stato. L’operazione della Guardia di Finanza di Catania dimostra come l’impresa sia fallita. Il patrimonio è ora nelle mani della giustizia: alla gestione dell’ingente complesso di beni è stato nominato, come da prassi, un apposito amministratore giudiziario, che dovrà traghettare questi asset verso la confisca definitiva.
L’amministratore giudiziario
L’operazione odierna non solo recide i legami finanziari dei clan con una delle loro principali fonti di reddito illecite, ma invia un segnale forte: la strategia di dissimulazione del patrimonio attraverso la tecnologia avanzata e la fittizia intestazione di beni, anche oltre i confini nazionali, non è sufficiente a eludere il controllo dello Stato.
