Il presidente della commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, Antonello Cracolici, ha denunciato oggi a Palermo “una Regione ridotta a bancomat di potere”, presentando la relazione 2024 dell’organo d’inchiesta sulle infiltrazioni politico-amministrative.
Nel suo intervento in aula, Cracolici ha parlato di un sistema regionale “piegato a interessi e intermediazioni”, accusando l’amministrazione di essere divenuta terreno di conquista per “predatori” politici e burocratici. Ha richiamato l’Assemblea a non distogliere lo sguardo da una “tempesta che mina la credibilità stessa delle istituzioni”.
In apertura, il presidente dell’Antimafia ha espresso solidarietà alla deputata Margherita La Rocca Ruvolo per gli insulti ricevuti “nell’esercizio della sua funzione parlamentare”. L’intervento ha assunto i toni di un atto d’accusa verso la degenerazione del rapporto tra politica e pubblica amministrazione, aggravata – ha spiegato – dalle ultime inchieste che hanno coinvolto dirigenti, funzionari e amministratori di enti e aziende sanitarie siciliane.
Cracolici ha descritto una burocrazia “asservita alla politica”, dove nomine e ruoli apicali rispondono a logiche di appartenenza più che di merito.
“È il risultato di un sistema di connivenze – ha aggiunto – in cui la fedeltà prevale sulla legalità”. Ha ricordato il lavoro svolto dalla commissione nel 2024, sottolineando come l’attività d’indagine sia stata accompagnata da iniziative legislative concrete: “L’ascolto che si trasforma in proposta”.
Tra le misure rivendicate: la legge “Liberi di scegliere”, che sottrae i figli dei boss alla cultura mafiosa; il fondo da 4 milioni di euro a sostegno delle imprese confiscate e delle start-up agricole su terreni sottratti alla criminalità; e lo stanziamento di 15 milioni di euro per la videosorveglianza nei comuni siciliani privi di risorse proprie.
Cracolici ha definito quella della commissione una “antimafia del fare”, fondata sulla concretezza e sull’ascolto dei territori. La relazione ha evidenziato carenze strutturali nei controlli, in particolare nel settore sanitario e nei rapporti tra Regione e società partecipate.
Esemplare, per Cracolici, il caso dell’Istituto zooprofilattico siciliano, rimasto per anni senza vigilanza, e quello delle concessioni demaniali alla società Italo-Belga, in cui sarebbe mancata la richiesta del certificato antimafia nonostante un amministratore fosse imparentato con persone legate a Cosa nostra. “Situazioni che mostrano gravi lacune gestionali – ha spiegato – e che offrono terreno fertile a possibili infiltrazioni”.
Il presidente dell’Antimafia ha definito “allarmante” lo scenario attuale, in cui una parte della classe dirigente regionale sarebbe chiamata a rispondere di comportamenti amministrativi “che hanno abbassato la soglia di attenzione e di rispetto delle regole”.
Ha denunciato la diffusione di pratiche clientelari – bandi riservati a cerchie ristrette, sanità usata come centro di favori – e l’effetto di ricaduta sui cittadini, “costretti a scontare le inefficienze di un sistema sempre meno di cura e sempre più di privilegio”. Cracolici ha infine avvertito che se la magistratura resta “l’unico argine”, la politica rischia di divenire “sempre più debole e asservita alla logica del favore, dove in nome del consenso tutto diventa possibile”.