Politica

Commissione bacchetta l’Italia: non attua le norme Ue su aria, rifiuti e acque reflue

La Commissione europea ha pubblicato oggi a Bruxelles il suo secondo riesame dell’attuazione delle politiche ambientali, Eir 2019 (Environmental Implementation Review), con rapporti specifici paese per paese su come le politiche e le leggi ambientali dell’Ue sono applicate sul terreno. Per quanto riguarda l’Italia, i tre settori più problematici sono quelli della gestione dei rifiuti, delle acque reflue urbane e della qualità dell’aria. Per le inadempienze nei primi due settori gli italiani stanno pagando salatissime sanzioni periodiche o giornaliere, in applicazione di condanne della Corte europea di Giustizia. Ma il prezzo da pagare è ancora più alto nel terzo settore problematico, con più di 70.000 morti premature stimate a causa della cattiva qualità dell’aria nelle città o nei centri industriali.

RIFIUTI

Il rapporto comincia con una nota positiva: “Le percentuali di raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti urbani continuano a crescere, nonostante rimangano differenze a livello regionale”. C’è stato “un costante aumento delle percentuali di riciclaggio e compostaggio nel corso degli ultimi sette anni”. E nel 2016, la percentuale di riciclaggio (comprensiva del compostaggio) era arrivata al 46%. Sul lato negativo, invece, si rileva che “nel corso degli ultimi tre anni si è registrato un leggero aumento nella produzione di rifiuti urbani, e che sarano perciò necessari ulteriori sforzi per rispettare gli obiettivi di riciclaggio dell’Ue dopo il 2020”. La Commissione riconosce poi che “il governo italiano continua a dedicare costanti sforzi al risanamento delle discariche irregolari, per alcune delle quali nel 2014 la Corte di giustizia dell’Ue ha inflitto sanzioni all’Italia. Il Paese – ricorda l’Esecutivo comunitario – è inoltre sottoposto a sanzioni” con pagamenti giornalieri pari a 120.000 euro “per la cattiva gestione dei rifiuti nella regione Campania”, in particolare riguardo allo smaltimento delle famose “ecoballe”.

ACQUE REFLUE URBANE

L’Italia è in ritardo per quanto concerne la conformità alla legislazione dell’Ue sulla raccolta e il trattamento adeguato delle acque reflue urbane. Nonostante la pianificazione decisa dalle autorità competenti e la recente nomina di un commissario speciale, “i progressi nella riduzione del numero di agglomerati non conformi alla normativa Ue sulle acque reflue sono limitati”, afferma la Commissione, ricordando che l’Italia è stata per questo condannata dalla Corte europea di giustizia, con l’imposizione di sanzioni periodiche fino a che non si sarà messa in regola. Per la Commissione, “sono necessari maggiori investimenti nelle infrastrutture idriche per garantire l’attuazione della legislazione Ue” nel settore.

QUALITA’ DELL’ARIA

Nel complesso, nota la Commissione, “si sono registrati progressi limitati nella riduzione delle emissioni. I governi nazionali e regionali stanno intensificando gli sforzi per affrontare il problema dell’inquinamento atmosferico, stipulando accordi che includono misure di pianificazione (come le zone a traffico limitato), incentivi fiscali e miglioramenti tecnici alle automobili”. Tuttavia, “nel 2016 e 2017 sono stati segnalati superamenti delle soglie massime ammesse sia per il particolato che per gli ossidi di azoto NO2”, e questo principalmente a causa dell’eccessivo traffico stradale (con oltre l’80% degli spostamenti effettuati con auto private) e delle emissioni dovute a dispositivi di riscaldamento domestico inefficiente. La Commissione ricorda anche che, secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente, “l’inquinamento atmosferico è stato responsabile di circa 74.000 morti premature in Italia nel 2015”.

I PROGRESSI REALIZZATI

I progressi principali registrati in Italia rispetto alla precedente edizione del rapporto Eir riguardano l’aumento già citato delle percentuiali di riciclaggio dei rifiuti, le nuove designazioni di siti protetti “Natura 2000” (nonostante questo sia, avverte la Commissione, “solo il primo passo per garantire un’adeguata protezione ai loro habitat e alle loro specie”), e il miglioramento dello stato dei bacini idrografici. I nuovi piani di gestione dei bacini, nota il rapporto, “hanno registrato un aumento dal 25% al 42% nella proporzione dei corpi idrici superficiali con uno stato ecologico buono e un miglioramento ancor più rilevante dello stato chimico, dal 18% al 72%”.

Esempi di buone pratiche L’Italia ha anche realizzato delle iniziative che possono essere indicate, secondo la Commissione, come “esempi di buone pratiche” per gli altri paesi: in primo luogo, “ha creato forze speciali di polizia ambientale per affrontare la eco criminalità”; in secondo luogo, il ministero dell’Ambiente “ha promosso in maniera efficace” i progetti Life, tra i quali “Gestire 2020” (finalizzato alla protezione della natura in Lombardia), “Prepair” (finalizzato al miglioramento della qualità dell’aria nel bacino del Po) e l'”Alien Species Awareness Programme”; infine, sono stati installati dei “tetti verdi”, potenzialmente in grado di dimezzare le inondazioni, come dimostrato in uno studio sui sistemi di drenaggio urbano sostenibile ad Avola, in Sicilia.

Il costo della non attuazione Secondo un nuovo studio della Commissione, l’attuazione completa della legislazione ambientale comunitaria potrebbe far risparmiare all’economia dell’Ue intorno ai 55 miliardi di euro all’anno in costi sanitari e costi ambientali diretti, come valore centrale in una forchetta stimata tra i 30 e gli 80 miliardi. Sebbene sia stato condotto con una metodologia nuova, il risultato è simile a quello di un altro studio precedente, del 2011, che stimava il costo della non attuazione normativa a 50 miliardi di euro l’anno. askanews

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