APERTURA

Consiglio europeo, Meloni vince su Mercosur e asset russi: “Prevalso il buon senso”

Due battaglie, due vittorie. Giorgia Meloni esce dal Consiglio europeo con gli obiettivi centrati: rinviata la firma dell’accordo con il Mercosur e scongiurato l’uso immediato degli asset russi congelati per finanziare Kiev. Al termine di una maratona notturna conclusa alle quattro del mattino, la presidente del Consiglio si presenta davanti ai giornalisti visibilmente provata ma soddisfatta. “Ha prevalso il buon senso”, sintetizza con un sorriso di chi sa di aver vinto una partita complessa.

Il nodo più delicato riguardava il sostegno all’Ucraina. Dopo ore di trattativa serrata, il Consiglio ha approvato all’unanimità un prestito da 90 miliardi di euro basato sul bilancio comunitario. Gli asset russi congelati restano dove sono: potranno essere utilizzati solo se Mosca, al termine del conflitto, si rifiuterà di pagare le riparazioni di guerra. Una soluzione che Meloni definisce senza esitazioni “buona”, perché garantisce a Kiev “il necessario supporto per i prossimi due anni” attraverso “una soluzione sostenibile sul piano giuridico e finanziario”.

L’asse con Parigi blocca l’intesa commerciale

Sul fronte Mercosur, l’alleanza strategica con Emmanuel Macron ha prodotto il risultato sperato. La firma dell’accordo commerciale con i paesi sudamericani, inizialmente prevista per sabato prossimo, slitta a gennaio. Ursula von der Leyen ha tentato fino all’ultimo di convincere i due leader a cedere, ma si è dovuta arrendere di fronte alla loro determinazione. “Ci offre altre settimane per cercare di dare le risposte richieste dai nostri agricoltori”, spiega Meloni, rivendicando la necessità di ottenere “le salvaguardie necessarie per i nostri prodotti”.

Solo con tutte le garanzie in mano, aggiunge, sarà possibile approvare l’intesa “senza colpire un settore che altrimenti rischierebbe conseguenze pesanti”. La premier difende la linea del rigore: non si tratta di ostacolare il commercio internazionale, ma di proteggere comparti produttivi che potrebbero subire danni irreversibili da una concorrenza sleale. Il rinvio, insiste, non è una sconfitta ma un’opportunità per perfezionare l’accordo.

A Roma scoppia il caos sulla manovra

Mentre a Bruxelles Meloni incassava i suoi successi diplomatici, ieri a Palazzo Madama andava in scena una giornata convulsa. La Lega ha minacciato di non votare la manovra e il governo è stato costretto a stralciare gran parte del proprio emendamento sulle pensioni. Un terremoto politico che rischia di compromettere l’equilibrio della maggioranza proprio nella fase cruciale dell’approvazione della legge di bilancio.

Ma di questo la presidente del Consiglio preferisce non parlare. Troppo stanca, troppo concentrata ancora sui dossier europei. “Non ho avuto modo, essendo usciti alle quattro del mattino, di parlare di niente riguardo ai temi italiani”, taglia corto con i cronisti che insistono per sapere se abbia sentito il ministro Giorgetti. “Mi perdonerete se su questo non sono in grado di dare risposte”, aggiunge, rimandando ogni valutazione a oggi. Il segnale è chiaro: prima si archiviano i risultati di Bruxelles, poi si affronteranno i guai di Roma. Una cosa alla volta.

Pubblicato da
Giuseppe Novelli