Continuano le operazioni di spoglio, più elettori di 4 anni fa. Clinton più 1 mln di voti su Trump

Continuano le operazioni di spoglio, più elettori di 4 anni fa. Clinton più 1 mln di voti su Trump
16 novembre 2016

Un milione di voti in più per Hillary Clinton e un totale di elettori alle urne superiore al numero di quattro anni fa, con milioni di voti ancora da contare. Questi i dati salienti dell’ultimo aggiornamento sul voto popolare alle ultime presidenziali statunitensi, secondo Dave Wasserman, che cura il ‘Vote Tracker’ per il Cook Political Report. Clinton ha finora ottenuto 61.929.605 voti (il 47,8% del totale), mentre il presidente eletto, Donald Trump, è arrivato a 60.938.847 (il 47%); gli altri candidati hanno ottenuto in tutto 6.784.118 voti (il 5,2%). Questo significa che sono già stati contati 129.652.570 voti, contro i 129.075.630 totali del 2012 (+0,4%). Trump ha quindi superato il numero di voti ottenuti quattro anni fa dal candidato repubblicano, Mitt Romney, che si fermò a 60.933.504, ma con una percentuale più alta (47,2%), nonostante la netta sconfitta (il presidente Barack Obama vinse 332-206 nel conteggio dei grandi elettori). Obama ottenne 65.915.795 voti, pari al 51,1% del totale; gli altri candidati, quindi, furono molto meno decisivi, ottenendo solo l’1,7 per cento.

Il conteggio dei voti va avanti nei singoli Stati e, secondo Wasserman, mancano ancora “milioni di voti”, soprattutto in Stati dove è molto diffuso il voto per corrispondenza come California, Washington e New York, in mano alla candidata democratica. Questo significa che Clinton probabilmente chiuderà le elezioni con un vantaggio nel voto popolare ancora più ampio, ma nulla cambierà dal punto di vista del Collegio elettorale: Donald Trump si è assicurato 290 grandi elettori, a cui dovrebbe aggiungere i 16 del Michigan, dove la sua vittoria non è ancora ufficiale, contro i 232 di Clinton. Bisogna ricordare che gli elettori statunitensi non eleggono direttamente il presidente, ma i 538 grandi elettori, divisi tra i 50 Stati (più il District of Columbia) in base alla popolazione: il candidato presidenziale che vince in uno Stato ottiene la totalità dei suoi grandi elettori (tranne in Maine e Nebraska), che poi eleggeranno il presidente. Decisiva si è rivelata l’alta affluenza nei 13 Stati in bilico, dove Trump ha conquistato anche il voto popolare: Trump ha ottenuto un milione di voti in più (il 48,5% contro il 46,6%), in una serie di Stati dove ci sono stati 1.400.000 voti in più rispetto al 2012 (dato, è bene ricordarlo, non ancora definitivo). Negli Stati invece sicuri per uno dei due candidati, Clinton ha già ottenuto circa due milioni di voti in più del rivale.

I dati mostrano che gli elettori non sono rimasti a casa, come temevano i democratici (a parte in Wisconsin, dove c’è stato un calo del 4%, tutto di marca democratica: Trump ha ottenuto gli stessi voti di Romney, che aveva perso nettamente): sono invece andati a votare per Trump. “Abbiamo visto uno spostamento significativo nel Midwest industriale rispetto al 2012, e quelli sono gli stessi elettori”, ha commentato Wasserman. A Clinton non sarebbe bastato nemmeno vincere in Florida, Stato che sembrava fondamentale per Trump: senza, erano stati gli unanimi commenti prima del voto, il miliardario non avrebbe avuto chance di vittoria. Su oltre nove milioni di voti contati, Trump ha ottenuto circa 115.000 preferenze in più (49%-47,8%). A pesare sono stati però tre Stati del ‘muro blu settentrionale’, conquistati agevolmente da Obama nel 2012: Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, che i democratici hanno ignorato in campagna elettorale, considerandoli già conquistati. Invece, sono stati decisivi per la vittoria del repubblicano: in Michigan (16 grandi elettori), la differenza attuale è di 13.000 voti, in Pennsylvania (20 grandi elettori) di 68.000, in Wisconsin (10 grandi elettori) di 27.000. Poco più di 100.000 voti (sui quasi 14 milioni totali in quei tre Stati) hanno spostato 46 grandi elettori, determinando il successo di Trump.

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