CONTROLLO URGENTE AGENZIA DELLE ENTRATE: si nascondono anche dietro il Bancomat | C’è una soglia da non superare mai

Controllo conto - (pexels) - IlFogliettone.it

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Lo Stato ha affinato le tecniche per controllare i risparmi dei cittadini, misure efficaci per contrastare anomalie ed evasione.

L’Agenzia delle Entrate ha a disposizione strumenti molto efficaci per contrastare l’evasione fiscale, tra cui spiccano le indagini sui conti correnti bancari dei contribuenti. Tali controlli si fondano su quanto previsto dall’articolo 32 del D.P.R. 600/1973, che consente l’accesso ai dati bancari e l’utilizzo di presunzioni legali per determinare l’esistenza di redditi non dichiarati. In particolare, i versamenti non giustificati sono considerati ricavi o proventi occultati, con la conseguente tassazione e applicazione di sanzioni.

Quando su un conto corrente vengono rilevati accrediti in denaro contante, bonifici o assegni, è il contribuente a dover dimostrare con precisione l’origine lecita e non imponibile di tali somme. Se non è in grado di farlo attraverso documentazione adeguata, l’Amministrazione presume che tali entrate rappresentino ricavi non dichiarati. Questo principio vale per qualsiasi categoria di contribuente, dal dipendente al libero professionista, senza distinzione.

A differenza dei versamenti, i prelievi non sono sempre considerati indice di evasione. Tuttavia, per le imprese, i prelievi in contanti senza giustificazione possono rappresentare un segnale di pagamenti “in nero”. La normativa prevede infatti che per gli imprenditori si possa presumere che tali somme siano state utilizzate per spese non registrate, legate ad attività produttive non dichiarate. In questo caso, i prelievi diventano un possibile indizio di ricavi sommersi.

Un’importante precisazione riguarda i lavoratori autonomi e i liberi professionisti privi di una struttura organizzativa complessa. Secondo una recente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio (n. 1869/2025), per queste categorie non si applica la presunzione automatica sui prelievi. La loro attività, basata prevalentemente sul contributo personale, non è assimilabile a quella d’impresa, rendendo inapplicabile la presunzione prevista per gli imprenditori.

La natura dell’attività conta più della qualificazione fiscale

Anche se in alcuni casi, come per gli agenti di commercio, il reddito è formalmente qualificato come d’impresa, ciò che conta ai fini della presunzione è la reale configurazione dell’attività. Se manca una struttura organizzata e prevale l’apporto individuale, non è possibile considerare i prelievi come potenziali ricavi in nero. Questo principio tutela categorie come consulenti, artigiani o liberi professionisti da automatismi fiscali ingiustificati.

L’esclusione dalla presunzione sui prelievi non significa che i professionisti siano esenti da controlli. L’Agenzia delle Entrate può comunque svolgere indagini, utilizzare strumenti sintetici come gli ISA, analizzare lo stile di vita del contribuente e confrontarlo con i redditi dichiarati. Anche in assenza di presunzioni specifiche, ogni movimento sospetto può diventare la base per un accertamento.

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La documentazione è la migliore difesa contro gli accertamenti

Per tutelarsi da possibili contestazioni, è fondamentale conservare ogni documento utile a giustificare i movimenti bancari. Le prove documentali permettono di dimostrare la natura lecita delle entrate e delle uscite, limitando il rischio di contestazioni. Una gestione trasparente e tracciabile delle proprie finanze è l’arma più efficace per affrontare eventuali verifiche fiscali.

Infine, è buona prassi mantenere una chiara distinzione tra i conti utilizzati per l’attività professionale e quelli ad uso personale. Questo facilita la rendicontazione e limita le zone grigie. Anche in regimi fiscali semplificati, è consigliabile tenere una contabilità ordinata e coerente, adottando strumenti di pagamento tracciabili che garantiscano chiarezza e sicurezza in caso di controlli.