Oltre 2 mila persone hanno salutato il 3 dicembre a Roma Nicola Pietrangeli, omaggiato con una cerimonia sul campo che porta il suo nome e con i funerali nella chiesa della Gran Madre di Dio, nel rispetto delle sue ultime volontà.
Nicola Pietrangeli aveva previsto tutto: l’ingresso dal tunnel dei campioni, la camera ardente sul campo a lui intitolato e perfino l’eventualità di rinviare la cerimonia in caso di pioggia. Al Foro Italico queste indicazioni sono state seguite in modo puntuale. L’attore Roberto Ciufoli ha letto alcuni brani di “Se piove, rimandiamo”, ricordando il legame profondo tra il campione e il luogo che ha segnato la sua carriera. Sul campo Pietrangeli hanno sfilato dirigenti sportivi, amici storici e sostenitori. Presenti il ministro dello Sport Andrea Abodi, il presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano Luciano Buonfiglio, il presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel Angelo Binaghi e i capitani delle squadre azzurre Filippo Volandri, Thatiana Garbin e Licia Colò.
In mattinata il campo Pietrangeli ha accolto una lunga fila di cittadini, atleti e tecnici venuti per un ultimo saluto. L’atmosfera si è spostata poi a Ponte Milvio, nella chiesa di Santa Maria della Gran Madre di Dio, dove sono iniziati i funerali. All’esterno un maxischermo ha proiettato i momenti chiave della carriera del campione, accompagnati dalla scritta “1933 – infinito”, trasformata negli ultimi giorni in un simbolo spontaneo di memoria collettiva. Tra i primi a presentarsi alla camera ardente c’era Filippo Pietrangeli, che ha ricordato la passione del padre per la maglia azzurra e la dedizione assoluta alla Coppa Davis, vissuta come il punto più alto del tennis nazionale.
Fabio Fognini ha definito Pietrangeli il principale artefice della popolarità del tennis italiano, sottolineando il suo stile giocoso e l’impatto sulle generazioni successive. Ha rievocato anche un consiglio tecnico rimasto impresso: “Io non devo correre, devono correre gli avversari”. Accanto alle voci del circuito maschile, quella di Licia Colò ha portato un ricordo più intimo. La giornalista, che per anni è stata tra le persone più vicine al campione, lo ha definito “un maestro di vita”, evocando l’ultimo saluto sul campo accompagnato da “My way”. Ha spiegato come Pietrangeli avesse disposto ogni dettaglio, ad eccezione dell’orario delle esequie, elemento adattato alle esigenze del luogo religioso. Il carattere ironico, talvolta spigoloso, è stato ricordato come tratto distintivo della sua personalità, percepito da alcuni come eccesso ma da molti come autenticità.
Accanto al feretro, sul campo che lo celebra, è stata esposta la Coppa Davis vinta nel 1976 con Pietrangeli capitano. L’immagine del trofeo al suo fianco ha sintetizzato la dimensione storica del suo contributo: un atleta che ha segnato un’epoca e che ha continuato a influenzare tecnici e giocatori fino all’ultimo. I dirigenti della Federazione Italiana Tennis e Padel hanno confermato l’intenzione di promuovere nuove iniziative dedicate alla sua memoria, incluse attività divulgative, mostre permanenti e un possibile torneo giovanile intitolato al campione. Le migliaia di presenze registrate tra camera ardente e funerali delineano un tessuto collettivo che continuerà a riconoscere in Pietrangeli una figura fondativa del tennis moderno italiano, capace di attraversare generazioni senza mai perdere centralità nella cultura sportiva nazionale.