Coronavirus, raffiche di perquisizioni e sequestri al Trivulzio e in altre Rsa

14 aprile 2020

Raffica di perquisizioni e sequestri al Pio Albergo Trivulzio e in altre importanti Rsa del Milanese. L’inchiesta della procura di Milano sulle morti sospette avvenute nella storica casa di riposo della città e nelle altre residenze socio-assistenziali dell’hinterland nelle fasi più acute dell’emergenza Coronavirus muove i suoi primi passi: dopo le prime iscrizioni nel registro degli indagati, oggi è scattato il blitz della Guardia di Finanza che si è presentata nelle sedi del Pat, dell’istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone e in altre Rsa della città metropolitana per acquisire documenti cartacei e digitali (cartelle cliniche dei pazienti deceduti e i protocolli organizzativi delle varie strutture) che potrebbero rivelarsi utili per lo sviluppo delle indagini.

Duplice l’obiettivo dell’operazione che, alla luce dell’ingente quantitativo di materiale da sequestrare, potrebbe richiedere diverso tempo, “anche alcuni giorni”, riferiscono fonti investigative: non solo far luce su eventuali omissioni nell’uso mascherine e di altri dispositivi di protezione da parte del personale sanitario, ma anche accertare possibili carenze nell’applicazione dei test del tampone e degli altri protocolli sanitari regionali e ministeriali per prevenire la diffusione del contagio. Il materiale sequestrato servirà inoltre per effettuare una serie di verifiche sul rispetto della delibera regionale dell’8 marzo scorso che ha concesso alle Rsa la possibilità di accogliere “su base volontaria” alcune categorie di malati Covid (quelli già dimessi dagli ospedali e non più in gravi condizioni ma comunque da tenere sotto osservazioni) ma solo all’interno di strutture “ad hoc”, cioè completamente separate da quelle degli altri ospiti, e con personale sanitario espressamente dedicato, proprio per scongiurare il rischio di possibili “commistioni” tra diverse tipologie di pazienti. Gli inquirenti sono insomma a caccia di prove in grado di dimostrare l’esistenza di nesso causa-effetto tra l’operato dei vertici delle varie strutture e il boom di decessi che si è registrato tra marzo e aprile in numerose case di riposo della città.

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L’attenzione dei pm milanesi coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano si è concentrata sul Pio Albergo Trivulzio, la più grande casa di riposo di Milano, alla luce dell’altissimo numero di morti sospette registrato tra marzo e aprile: quasi 150 decessi su un totale di circa 1.200 pazienti. Al direttore generale della “Baggina”, Giuseppe Calicchio, è stato notificato proprio questa mattina l’avviso di garanzia per epidemia colposa e omicidio colposo. Insieme a lui, risultano indagati i vertici di altre Rsa del territorio milanese, come il Don Gnocchi e la Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Il Pio Albergo Trivulzio, indicato dalla delibera regionale dell’8 marzo come hub di smistamento dei malati Covid da destinare nelle varie Rsa del territorio, è anche indagato per responsabilità amministrativa. Il caso è anche finito al centro di una commissione d’inchiesta regionale istituita dall’Agenzia di tutela della Salute della città metropolitana di Milano. Ma già settimana scorsa il direttore generale dell’Ats Walter Bergamaschi, durante l’audizione congiunta con i consiglieri delle commissioni affari istituzionali e politiche sociali di Palazzo Marino, aveva escluso nettamente ogni possibile caso di “commistione” tra malati Covid e pazienti non contagiati dal Coronavirus nelle Rsa del Milanese: “In nessun caso un paziente Covid è entrato in una Rsa in ambienti dove c’erano pazienti non Covid”, aveva assicurato Bergamaschi sottolineando che il numero di malati da Coronavirus ospitati nelle case di riposo milanesi dall’inizio dell’emergenza non supera il centinaio di persone “su un totale di 60 mila pazienti”.

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Dello stesso avviso l’assessore al Welfare Giulio Gallera che qualche giorno dopo aveva ribadito: “Non c’è stata nessuna contaminazione dai pazienti Covid” trasferiti nelle Rsa agli altri ospiti delle case di riposo. Resta il fatto che il numero di decessi avvenuti nelle Rsa milanesi tra il 21 febbraio e il 31 marzo scorso è stato pari quasi al doppio di quello fatto registrare nello stesso periodo del 2019. Lo aveva sottolineato lo stesso dg dell’Ats di Milano Bergamaschi, precisando che i casi di morte nelle Rsa per patologie direttamente correlabili al Coronavirus sono stati 337 (dato sempre aggiornato al 31 marzo), ossia il 5% degli anziani complessivamente ospitati nelle case di riposo dell’area metropolitana. Saranno le indagini della magistratura a chiarire se questi casi di morte siano o meno collegabili a negligenze organizzative delle strutture o al mancato rispetto delle norme per il contenimento del contagio.

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