Politica

Corsa a 2 per Downing Street, Johnson contro Hunt. L’ex sindaco di Londra favorito

Boris Johnson contro Jeremy Hunt: sara’ questo il testa a testa per la successione a Theresa May come leader Tory e prossimo primo ministro britannico affidato al ballottaggio finale fra gli iscritti del partito di governo: lo ha stabilito il quinto e ultimo scrutinio preliminare fra i 313 deputati conservatori. Johnson ha ottenuto 160 voti, confermandosi primo, mentre Hunt si e’ issato a 77. Eliminato invece Michael Gove, fermatosi a 75. Dunque, il verdetto e’ stato emesso: al ballottaggio di fronte alla base dei 160.000 iscritti, chiamati a votare dalla settimana prossima attraverso uno scrutinio postale il cui esito verra’ annunciato dopo il 22 luglio, si allineano i due piu’ pronosticati.

Fra i Brexiteer più irriducibili, BORIS JOHNSON, 55 anni, è stato uno degli artefici della vittoria della Brexit al referendum del 2016. Nomimato ministro degli Esteri, è diventato la voce di punta dell’opposizione all’accordo di divorzio dall’Ue stipulato da Theresa May prima di dimettersi il luglio scorso per difendere la sua posizione a favore di una hard Brexit. Indicato dai più come il successore di David Cameron nel 2016, era stato costretto a tirarsi fuori dalla corsa alla leadership dopo il “tradimento” dell’ultimo minuto di Michael Gove. L’eccentrico ex primo cittadino di Londra è popolare fra i militanti della base ma meno fra i suoi “pari” che gli contestano le numerose gaffe e un certo dilettantismo.

Il 52enne JEREMY HUNT, attuale ministro degli Esteri, è stato un convinto Remainer nel referendum del 2016 e ha sostituito Boris Johnson al Foreign Office dopo le sue dimissioni. Nel 2016 aveva deciso di non partecipare alle elezioni per la leadership offrendo invece il suo pieno sostegno a Theresa May. Dopo il referendum Hunt ha cambiato rotta avvicinandosi al campo degli euroscettici, deluso dall’approccio “arrogante” di Bruxelles nei negoziati. Dopo sei anni al ministero della Sanità, si è guadagnato la fama di un politico coraggioso, prono alle sfide.

Intanto, ancora vivi gli strascichi polemici in casa Tory dopo la battaglia chiusa ieri con la designazione da parte del gruppo parlamentare di Boris Johnson e Jeremy Hunt quali candidati alla successione a Theresa May destinati a contendersi nei prossimi giorni la poltrona di capo partito e di premier del Regno nel ballottaggio affidato alla base degli iscritti. Ad alimentarle e’ il sospetto di una manovra sottotraccia attribuita almeno a qualche singolo sostenitore di Johnson – uno dei quali, coperto dall’anonimato, rivendica apertamente “la vendetta” – per penalizzare nello scrutinio decisivo preliminare il ‘terzo incomodo’ Michael Gove: gia’ sodale brexiteer di Boris accusato d’aver tradito l’ex amico tre anni fa subito dopo la comune vittoria referendaria. Lo staff di Johnson nega in effetti che l’ex ministro degli Esteri ed ex sindaco di Londra, favoritissimo nella corsa, abbia dato ordine di dirottare alcun voto su Hunt, prevalso alla fine di un soffio su Gove per il secondo posto, con 77 schede contro 75.

Al bottino del capofila, che ha chiuso con 160 suffragi di colleghi deputati, sarebbe mancato tuttavia secondo alcuni calcoli almeno un pugno di ulteriori consensi potenziali. Di qui l’idea di un gioco tattico contro Gove, interpretato dai giornali come una “vendetta” servita fredda. Vendetta utile fra l’altro a eliminare un rivale considerato piu’ scomodo di Hunt, piu’ abile di questi nelle trame e nei colpi bassi, oltre che pro Brexit doc come Johnson. I tre protagonisti da parte loro evitano polemiche dirette: Hunt si limita ad ammettere di partire sfavorito nel ballottaggio, aggiungendo pero’ di essere deciso a costringere “Boris alla battaglia della vita”. Il viceministro degli Esteri Alan Duncan (pro Hunt) ricorda d’altronde come i voti tattici sia consuetudine nelle spietate sfide fra Tories. Mentre un ‘johnsoniano’ senza volto citato da Bbc taglia corto: “Michael nel 2016 ha accoltellato Boris alle spalle. Noi ora l’abbiamo accoltellato a viso aperto”.

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