Corvi, beatificazioni a caro prezzo e case ad affitti stracciati

Corvi, beatificazioni a caro prezzo e case ad affitti stracciati
5 novembre 2015

“Follow the money” è la frase che, nata nel film sul Watergate, ben si concilia con ogni intrigo. Solo che, nell’ambito della Chiesa, “seguire i soldi”, o portarli alla luce, non è per niente semplice. E qui sta il nodo delle resistenze fronteggiate da Papa Francesco nella sua riforma delle finanze vaticane nel segno della trasparenza. È questo il cuore del libro “Via Crucis” di Gianluigi Nuzzi (ed. Chiarelettere), da oggi in libreria, che si avvale di documenti inediti e registrazioni per dimostrare quanto tra le Sacre Stanze sia in corso una guerra, tra conservazione e cambiamento. Il libro di Nuzzi assume l’involontario ruolo un po’ di testimonianza documentale, un po’ carta geografica. Che attraversa le terre dell’assurdo, del surreale e dello sconcertante. Dove scopriamo, ad esempio, che la “fabbrica dei santi” è una vera e propria centrale che produce giro di quattrini.

BEATI A CINQUE STELLE

“Solo per aprire una causa di beatificazione – scrive Nuzzi – possono servire 50 mila euro, a cui poi andranno aggiunti i costi vivi dell’operazione per almeno altri 15 mila euro. La somma comprende i diritti della Santa Sede e i cospicui compensi che vanno agli esperti che si occupano del caso: i teologi, i medici, i vescovi che valutano le cause”. Insomma, “in media il costo arriva attorno a mezzo milione di euro”. Nuzzi scrive che già nel 1983 Giovanni Paolo II dispose un controllo sui fondi delle cause, tenendo “una contabilità regolarmente aggiornata”. Tanto che la Cosea, l’organismo referente sulle attività economiche voluto da Papa Francesco, nelle sue indagini ha certificato alcuni dati, partendo da alcuni casi specifici: “dal 2008 al 2013 sono stati spesi 43 mila euro per una canonizzazione che non sembra mostrare progresso e nessun bilancio appropriato o resoconto per l’uso dei fondi; un postulatore laico ha offerto di condurre un’investigazione ancor prima di aprire un processo di canonizzazione a condizione di un pagamento iniziale di 40 mila euro”. E, soprattutto, “la tipografia collegata a uno dei postulatori appare come una delle tre tipografie consigliate dalla congregazione per i postulatori”.

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OBOLO DI SAN PIETRO

Altro punto controverso è l’Obolo di San Pietro, vale a dire l’ammontare delle offerte dei fedeli al Santo Padre da destinarsi alle opere di carità per i più bisognosi e alle necessità della Chiesa universale. Nuzzi spiega come Cosea abbia incontrato un vero e proprio muro nel chiedere trasparenza sul punto. Valgano, però, alcuni dati, riferiti al 2012: “La colletta viene utilizzata per le iniziative caritative e/o specifici progetti segnalati dal Santo Padre (14,1 milioni), per la trasmissione di offerte con specifica finalità (6,0 milioni) e per il mantenimento della curia romana (28,9 milioni). (Più l’accantonamento al Fondo Obolo per 6,3 milioni)”. Dati generici, ma che bastano a capire come soltanto una parte residuale del tutto vada ai più poveri.

CASA DOLCE CASA

Tra poco sarà Natale. Giuseppe e Maria non trovarono nemmeno momentaneo ricovero per far nascere Gesù. Evidentemente il trauma deve essere ancora ben vivo nella Chiesa. “Su circa cinquemila immobili, per la maggior parte in zone centrali di Roma o nella città del Vaticano – scrive Nuzzi – i canoni richiesti risultano inferiori a 1000 euro al mese”. Alcuni anche molto inferiori. “Il dipendente F.A (…) per la sua casa di 97 mq in via di Porta Cavalleggeri ha firmato l’1 novembre 2011 un contratto per 20,67 euro l’anno”. Tale J.L, suo vicino di casa, paga invece 51,65 euro annui per un appartamento di 142,99 mq. Scorrendo la tabella delle residenze dei Cardinali, inoltre, si nota come la dotazione immobiliare più piccola sfiori comunque i 300 mq. A confronto, “la stanza 201 di Papa Francesco a Santa Marta è quasi una capanna, non arrivando a 50 metri quadri”.

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IL MISTERO DELLO IOR

E poi c’è il capitolo Ior, tra mistero e punte surreali. Nel 2013 viene arrestato mons. Nunzio Scarano, capo contabilità della sezione straordinaria dell’Apsa. Secondo l’accusa, le prove raccolte farebbero emergere “casi di riciclaggio e tentativi di far rientrare illegittimamente ingenti capitali dall’estero”. Cinque giorni dopo l’arresto, il 3 luglio, “nella riunione riservata ai Cardinali in cui Papa Francesco annuncia la nascita della commissione d’inchiesta Cosea, l’allora presidente dello Ior, Ernst von Freyberg, ben evidenzia ai porporati e al Papa i rischi di una situazione che sta emergendo dai conti presso la banca e che potrebbe ulteriormente allargarsi: ‘che tipo di problema abbiamo? Sono soprattutto persone fisiche che utilizzano i loro conti per operazioni illegittime, riciclaggio in tutti i sensi”. Nuzzi nota che “è forse la prima volta che il presidente dello Ior ammette che la banca ricicla denaro” e “fa capire ai presenti che la caccia ai riciclatori non è facile, possono essere correntisti religiosi o laici. In pratica, ogni deposito è sospetto”.

I CONTI DEL CARO ESTINTO

Quanto ai conti, anche i Papi ne hanno. Nuzzi ricorda come nel suo lavoro “Sua Santità”, alla base del Vatileaks del 2012, aveva citato il conto intestato a Benedetto XVI. Ma colpisce come “dai documenti inediti inviati all’inizio del 2014 dalla Segreteria di Stato per le verifiche contabili, emerge una verità che finora nessuno ha mai potuto scrivere. Ogni Papa ha un suo conto personale. Questo, in molti casi, rimane aperto dopo la sua morte”. Così esiste ancora un conto intestato a Giovanni Paolo I, che “presenta un saldo di 110.864 euro”. Di conti intestati a Paolo VI ne esistono ben due, uno con un saldo di 125.310, l’altro di 296.151 dollari. “Se sono davvero intestati a persone decedute, i conti dovrebbero estinguersi. Eppure così non è avvenuto, e in molti casi sono passati tantissimi anni. Quei conti sono ancora operativi? Qualcuno vi movimenta somme di denaro?”, si chiede il giornalista. Il Vaticano appare dunque come un microcosmo a sé.

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MAGAZZINI ALLEGRI

Testimonianza tangibile è la presenza di negozi al suo interno. Cosea, su quel lato ha evidenziato una mancanza di merci nel conteggio degli stock che invece compare nei bilanci gestionali. “La situazione è allarmante – scrive Nuzzi – e riguarda quasi tutti gli esercizi commerciali”. Nel documento si scrive che “durante gli ultimi due anni ci sono state perdite di 1,6 milioni di euro, in seguito a differenze di magazzino”. Nuzzi prova a lanciare un paio di ipotesi: o i conteggi dei beni sono stati fatti male, o “qualcuno ha sottratto i beni”. Invece “nei sacri palazzi si è affacciata un’altra ipotesi considerata ancor più preoccupante: ci si chiede se i beni mancanti siano stati presenti nei depositi. Forse non sono mai esistiti. È possibile cioè che siano stati caricati nei registri di magazzino solo sulla carta, per giustificare delle uscite di denaro destinate ad altro.

IL BUCO PENSIONI

La merce sparita, però, è nulla in confronto a quanto emerso dall’analisi del fondo pensioni. Nuzzi, analizzando un documento di Cosea destinato al Consiglio dei cardinali, riporta che “incrociando le informazioni, si scopre ‘un rilevante deficit di almeno 700-800 milioni, che è stato identificato nel fondo pensioni’. Ci si avvicina sempre più al precipizio –spiega- la promessa della pensione impegna infatti ormai per 1,2-1,3 miliardi di euro contro un patrimonio di poco superiore ai 450 milioni”. (Il Tempo)

 

 

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