Crisi, dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto metà di Grecia

“Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%)”. Lo afferma il Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno che sottolinea anche che, nel periodo, l’Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell’area euro a 18 con il +20,6% a fronte di una media del 37,3%.  La crisi nel 2014, invece, si attenua nella maggior parte delle regioni del Centro-Nord, molto meno in tutte quelle del Sud – A livello regionale nel 2014 segno negativo per quindici regioni italiane su venti; si distinguono soltanto le Marche quasi stazionarie (+0,1%), lo +0,3% dell’Emilia Romagna e del Trentino Alto Adige, +0,4% del Veneto. Miglior performance in assoluto a livello nazionale per il Friuli Venezia Giulia, +0,8%. Le regioni del Centro-Nord oscillano tra il -0,3% del Lazio e della Toscana e il -1-1% dell’Umbria. Piemonte e Valle d’Aosta segnano -0,7%. Nel Mezzogiorno la forbice resta compresa tra il -0,2% della Calabria e il -1,7% dell’Abruzzo, fanalino di coda nazionale. In posizione intermedia la Basilicata (-0,7%), il Molise (-0,8%), la Campania (-1,2%). Giù anche la Sicilia (-1,3%), e Puglia e Sardegna, allineate a -1,6%. Dal 2001 al 2014, spiega il Rapporto, il tasso di crescita cumulato è stato + 15,7% in Germania, +21,4% in Spagna, +16,3% in Francia. Negativa la Grecia, con -1,7%, ma mai quanto il Sud, che, con -9,4% tira giù al ribasso il dato nazionale (-1,1%), contro il +1,5% del Centro-Nord.

LAVORO Il livello di occupati al Sud nel 2014 è tornato al 1977. Lo afferma il Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno. Il Mezzogiorno tra il 2008 ed il 2014, spiega la Svimez, registra una caduta dell’occupazione del 9%, a fronte del -1,4% del Centro-Nord, oltre sei volte in più. Delle 811 mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro nel periodo in questione, ben 576 mila sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, dunque, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani si concentra il 70% delle perdite determinate dalla crisi. Nel 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (133 mila). Il Sud, invece, ne ha persi 45 mila. Il numero degli occupati nel Mezzogiorno torna così a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell’Istat. “Tornare indietro ai livelli di quasi quarant’anni fa – si legge nel Rapporto – testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall’altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro”. Ci sono comunque segnali di un debole miglioramento nell’ultimo periodo: tra il primo trimestre del 2014 e quello del 2015 gli occupati sono saliti in Italia di 133 mila unità, di cui 47mila al Sud e 86 mila al Centro-Nord. In calo le persone in cerca di occupazione, scese in Italia nel primo trimestre 2015 a 3 milioni 302mila unità, 145mila in meno rispetto all’anno precedente.

LE DONNE Le donne continuano a lavorare poco: nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64% nell’Europa a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6%. Ancora peggio se si osserva l’occupazione delle giovani donne under 34: a fronte di una media italiana del 34% (in cui il centro-Nord arriva al 42,3%) e di una europea a 28 del 51%, il Sud si ferma al 20,8%. Tra i 15 e i 34 anni sono quindi occupate al Sud solo una donna su 5. Dal 2008 al 2014, inoltre, i posti di lavoro per le donne sono cresciute di 135mila unità al Centro-Nord, mentre sono scesi di 71mila al Sud. Quanto ai tipi di lavoro, crescono nel periodo in questione del 14% le professioni non qualificate, mentre diminuiscono del 10% le qualificate.

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