Politica

Crisi Europa, ecco perché il vertice Ue rischia l’insuccesso

Se il presidente del Consiglio europeo Charles Michel non riuscirà a mettere sul tavolo un nuova proposta di compromesso, che cerchi di colmare i divari sui vari nodi rimasti, il vertice europeo sul piano di rilancio post crisi rischia di chiudersi con un insuccesso. Lo affermano fonti diplomatiche citate dal Financial Times, nella terza giornata di trattative in cui permangono divergenze sull’ammontare del Recovery fund, la composizione dei suoi stanziamenti – se sovvenzioni a fondo perso (grants) o prestiti a lungo termine- e i meccanismi di governance per erogarli e controllarli.

In più restano divisioni con l’Ungheria sullo Stato di diritto. Sempre secondo il Ft, fronte delle pressioni dei Paesi sedicenti “frugali”, che vorrebbero tagliare sia i sussidi sia l’ammontare totale del piano, Italia, Spagna e POrtogallo, con l’appoggio di Francia e Germania, avrebbero fissato a 400 miliardi di euro la soglia minima accettabile di sussidi. Ieri una nuova proposta di Michel aveva già ridotto questa soglia a 450 miliardi, facendo salire a 300 miliardi l’ammontare che verrebbe erogato con prestiti e lasciando così intatto a 750 miliardi di euro il volume totale de piano Next Generation Eu.

E intanto, anche ieri per la seconda giornata è stata fumata nera. Nulla di fatto al vertice Ue di Bruxelles dedicato ai negoziati fra i capi di Stato e di governo sul bilancio pluriennale comunitario e sul Recovery plan europeo. “L’Europa è sotto il ricatto dei ‘paesi frugali'”, ha detto il premier Giuseppe Conte, aggiungendo che “ci sono dei punti specifici sui quali stiamo negoziando e discutendo anche animatamente”. Ad esempio sulla ripartizione tra sussidi e prestiti, come ha spiegato lo stesso premier, su alcuni profili che riguardano l’attuazione dei programmi, su alcune ‘condizionalità’ come il rispetto dello stato di diritto; e anche sugli sconti che vengono concessi, i famosi ‘rebate’ riguardanti il bilancio pluriennale, che riguardano proprio i quattro “frugali”, Austria, Olanda, Svezia e Danimarca, oltre alla Germania. “Insomma ci sono ancora dei punti su cui il negoziato è molto duro” ha osservato Conte.

Al vertice europeo “dobbiamo trovare dei buoni compromessi” sui vari nodi che restano sul tavolo, “penso che sia possibile. Ma questi compromessi – ha affermato il presidente francese Emmanuel Macron, giungendo oggi alla terza giornata di lavori – non si sfaranno al prezzo delle ambizioni europee. “Non per questioni di principio, ma perché siamo di fronte a una crisi inedita sul piano sanitario, economico e sociale, e i nostri Paesi – ha detto – l’unità dell’Europa hanno bisogno” di un accordo ambizioso. Secondo Macron, “in questi giorni e notti abbiamo mostrato la nostra volontà di trovare un compromesso e di andare avanti, senza mai smettere con la cancelliera della Germania Angela Merkel e il presidente del Consiglio Ue Charles Michel. Di lavorare a un compromesso che renda il Bilancio Ue accettabile a tutti”. Ma “la volontà di un compromesso non sarebbe di rinunciare all’ambizione legittima che dobbiamo avere – ha ribadito -. Nelle prossime ora sapremo se le due cose sono compatibili”.

Macron ha elencato i temi chiave da definire. “Il primo è sullo stato di diritto, su cui vi è ampi consenso a non cedere perché è al cuore dei principi e dei valori europei. Un secondo tema è quello del fondo di rilancio e della sua governance, ci stanno domande chi chiede più controlli intergovernativi, e questo principio di unanimità su cui sono state fatte delle proposte. Bisogna finalizzare le discussioni”. “Infine, ci sta la questione dell’ammontare del piano di rilancio (Next Generation Eu) in cui ci sono anche qui – ha concluso – sensibilità diverse”.

Lo Stato di diritto è una questione rilevante sull quale non bisogna scendere a “compromessi deludenti” ha affermato il premier dell’Austria, Sebastian Kurz, in attesa della ripresa della plenaria del vertice europeo a Bruxelles, evidenziando che assieme agli altri Paesi sedicenti “frugali” ha concordato di mantenere una posizione netta su questo fronte. Precedentemente, con un messaggio via Twitter aveva affermato che nella trattative sul Recovery fund erano stati fatti “passi nella giusta direzione” ma che resta “molta strada da fare” prima di un accordo.

Al vertice Ue il premier Giuseppe Conte “combatte una battaglia a mani nude” ha detto la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, secondo cui “per essere davvero credibile il governo italiano avrebbe dovuto presentarsi al Consiglio europeo con un programma dettagliato di poche ma essenziali riforme strutturali in modo da mettere a tacere le diffidenze di chi vorrebbe comandare in casa nostra. E invece Conte sta combattendo a mani nude la battaglia sul Recovery fund”. “I numeri – ha sottolineato la senatrice – sono purtroppo impietosi e certificano che il prossimo anno l’Italia sarà ancora il grande malato d’Europa: saremo l’unica economia che rispetto alla crisi del 2008 non solo non è cresciuta, ma è precipitata di nove punti”. “Ci apprestiamo – ha concluso Bernini – a fare altri 20 miliardi di deficit, ma intanto il 65% del decreto Cura Italia resta inattuato e il decreto rilancio necessita di ben 155 decreti attuativi. Con queste credenziali, è difficile pretendere prestiti e grant a scatola chiusa”.

In campo anche i sindacati. “I Governi europei dimostrino unità, solidarietà e senso di responsabilità – ha commentato la segretaria della Cisl, Annamaria Furlan -. Non possiamo sprecare questa grande occasione storica. Di fronte alla tragedia del Coronavirus si mettano da parte i veti, gli egoismi, i nazionalismi. Il Recovery Fund può essere la risposta forte e tangibile per venire incontro ai bisogni concreti di famiglie, lavoratori, imprese”.

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