Cuffaro sceglie il silenzio sul “sistema” appalti, la difesa contesta le intercettazioni

L’ex governatore siciliano, a cui la Procura contesta un’associazione per condizionare le gare, ha disconosciuto le dichiarazioni attribuitegli dai ROS. I legali: “Nelle chat non ci sono soldi”.

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Totò Cuffaro

L’ex presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro, indagato per associazione a delinquere e corruzione su appalti sanitari, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip di Palermo. La difesa ha contestato le accuse e chiesto l’inutilizzabilità di dichiarazioni disconosciute.

Il silenzio strategico dopo le dichiarazioni spontanee

Cuffaro, accompagnato dai legali Marcello Montalbano e Giovanni Di Benedetto, ha scelto il silenzio al termine di un’udienza in cui aveva precedentemente rilasciato dichiarazioni spontanee. La motivazione, spiegata dalla difesa, risiede nella necessità di un “approfondimento sul compendio probatorio”, con particolare attenzione al contenuto delle intercettazioni. Gli avvocati hanno già eccepito l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per tutte le accuse e hanno contestato la validità di una relazione di servizio dei Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS).

La contestazione sulle intercettazioni ambientali

Uno dei punti cardine della difesa riguarda un’intercettazione ambientale, analizzata anche con un consulente tecnico. Secondo gli avvocati, la trascrizione utilizzata dalla Procura è errata su un elemento fondamentale per la configurazione del reato. Nel capo d’imputazione che coinvolge l’imprenditore Alessandro Vetro e altri, i legali sostengono che “non si ravvisa la parola soldi” e che la frase incriminata “non è stata proferita dal dottore Cuffaro”. La ricostruzione accusatoria, che ipotizza una consegna di 20-25 mila euro, viene così radicalmente contestata sulla base dell’analisi tecnica della registrazione.

Il nodo della relazione dei Carabinieri del ROS

Un altro fronte dibattuto in udienza concerne la relazione di servizio dei Carabinieri del ROS, documento di tre pagine che riporta presunte dichiarazioni spontanee rese da Cuffaro durante una perquisizione e da lui disconosciute. La difesa ne ha chiesto l’inutilizzabilità. Secondo la relazione, Cuffaro avrebbe chiamato in causa il deputato regionale Saverio Romano, attribuendogli “l’accelerazione” in una gara da 17 milioni vinta dall’impresa Dussmann. Uscito dal tribunale, Romano ha negato ogni addebito, lasciando intendere che qualcuno avesse millantato usando il suo nome.

Il “sistema” e la lista delle soffiate

Le indagini della Procura, condotte dai pm Claudio Camilleri, Giulia Falchi e Andrea Zoppi, descrivono un “sistema Cuffaro” finalizzato a condizionare nomine e appalti nella sanità siciliana. Un meccanismo che, secondo gli inquirenti, si avvaleva di collaboratori come Vito Raso e Antonio Abbonato, considerati bracci operativi. Raso, capo della segreteria dell’assessora regionale alla Famiglia, avrebbe avuto accesso anticipato ai bandi. Cuffaro parlerebbe di una “lista” di 30-40 persone da avvisare con “soffiate” grazie a Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale poi rimossa.

Gli sviluppi processuali e le richieste della Procura

Al termine del giro di interrogatori che ha coinvolto 17 indagati, la Procura ha ritirato la richiesta di misura cautelare per uno solo di essi, Vito Fazzino. Per tutti gli altri, inclusi Cuffaro e Romano, erano stati chiesti gli arresti domiciliari. Per Romano, qualsiasi eventuale misura sarà comunque sospesa in attesa dell’autorizzazione a procedere da parte del Parlamento siciliano. Il gip non ha un termine preciso per decidere. La difesa di Cuffaro ha annunciato un approfondimento tecnico su tutte le intercettazioni prima di un eventuale interrogatorio completo.