“Forse anche meno del 50%, ma c’è una possibilità”, ha dichiarato il presidente Usa alla Casa Bianca, prima di partire per la Scozia, dove domenica incontrerà la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Un faccia a faccia cruciale, che potrebbe decidere le sorti del commercio transatlantico – o segnare l’inizio di una nuova guerra tariffaria.
La posta in gioco
Secondo fonti Reuters, l’intesa prevederebbe dazi del 15% sui prodotti Ue in ingresso negli Usa, con picchi del 50% su acciaio e alluminio. Ma il tempo stringe: senza un’intesa entro il 1° agosto, Bruxelles attiverà contromisure progressive, a partire dal 7 agosto.
Un documento di 257 pagine, trapelato ieri, elenca i settori colpiti: dall’agroalimentare all’industria pesante, con scadenze differite fino al 2026 per alleggerire l’impatto sulle catene di approvvigionamento.
Il nodo Canada (e il precedente Giappone)
Trump non usa giri di parole: “Con il Canada non abbiamo avuto fortuna. Pagheranno i dazi, senza trattativa”. Un tono che stride con l’ottimismo per l’accordo con Tokyo, definito “enorme” per i 50 miliardi di dollari messi sul tavolo.
Ma è l’Europa il vero banco di prova. E mentre Federalimentare lancia l’allarme (“Settori come il food rischiano di essere schiacciati tra dazi Usa e svalutazione del dollaro”), von der Leyen prova a stemperare la tensione: “Dialogheremo per relazioni solide”.
La partita è aperta
Restano due incognite: la volontà politica di Trump, che ha fatto del protezionismo un mantra, e la capacità dell’Ue di difendere i suoi interessi senza innescare un escalation.
Tra numeri, minacce e codici doganali, una cosa è certa: domenica, in Scozia, si giocherà una partita che va oltre i dazi. È lo scontro tra due visioni del mercato globale. E il rischio di un nuovo terremoto commerciale è tutt’altro che scongiurato.