Chiara Appendino e Giuseppe Conte
Chiara Appendino rompe con il Movimento 5 Stelle e consegna un duro colpo alla leadership di Giuseppe Conte. L’ex sindaca di Torino ha annunciato questa mattina le sue dimissioni da vicepresidente del partito durante il Consiglio nazionale, lasciando aperta la porta a una spaccatura interna che potrebbe indebolire ulteriormente un Movimento già in crisi.
Le dimissioni di Appendino non sono un semplice gesto simbolico, ma il segnale di una rottura evidente con la linea politica del gruppo dirigente. Già da giorni i messaggi sibillini inviati nella chat dei deputati lasciavano intendere una decisione drastica. Nel suo intervento ha messo alle strette il partito, sostenendo che “è tempo di rimetterci tutti in discussione” e criticando apertamente l’alleanza con il Pd, un nodo che rischia di scardinare l’unità del Movimento. L’ex sindaca ha avvertito: “Non possiamo auto-assolverci”, puntando il dito contro un immobilismo che ha portato a perdere consensi fondamentali, soprattutto nelle recenti elezioni in Toscana.
La divisione che Appendino rappresenta rischia di trasformarsi in altro più di una corrente critica interna, capace di erodere la solidità di un Movimento che paga da tempo la mancanza di una visione forte e unitaria. Le tensioni emerse sulle alleanze politiche e sul posizionamento autonomo evidenziano un partito diviso e senza una rotta chiara. La cosiddetta “postura autonoma” invocata da Appendino, contrapposta al dirigismo centralizzato di Conte, potrebbe catalizzare consensi, alimentando una spaccatura che rende sempre più fragile la leadership dell’ex premier.
Sul piano formale, la strategia di Conte sembra avere l’obiettivo di blindare il proprio potere. La rielezione prevista per il prossimo weekend appare un mero atto dovuto, ma soprattutto un modo per azzerare gli organi dirigenti e gestire l’emergenza interna. La poltrona lasciata libera da Appendino resterà vuota soltanto per pochi giorni, ma il problema politico rimane. L’operazione di facciata non cancella la breccia che si è aperta nel Movimento, anzi ne espone le fratture davanti a iscritti e opinione pubblica.
Il calo di consenso in Toscana, la crescita dell’astensionismo tra gli elettori pentastellati e le difficoltà nel dialogo con il Pd non sono che la punta dell’iceberg. Conte ha provato a minimizzare, evidenziando un percorso “faticoso” ma necessario per sostenere Giani, tuttavia questa giustificazione suona oggi come un tentativo di giustificare una scelta impopolare. L’appello all’autonomia e alla progressività del Movimento rischia di restare sulla carta senza una vera strategia innovativa e unitaria. Il M5S sembra sempre più agitato da lobby interne e divisioni che mettono a rischio la sua stessa sopravvivenza politica.