Ecco come i roditori vedono gli oggetti in movimento

Ecco come i roditori vedono gli oggetti in movimento
13 novembre 2023

Per percepire correttamente la direzione del movimento degli oggetti, i ratti avrebbero a disposizione un piccolo ma utilissimo insieme di neuroni visivi che lavorano in modo simile a quelli presenti nella corteccia dei primati: le cosiddette “cellule pattern”. Grazie a questi neuroni, i roditori potrebbero avvalersi di un sistema di percezione visiva molto avanzato in questo ambito, basato su una codifica di alto livello dell’informazione visiva in arrivo dalla retina. È questo quanto emerge da una nuova ricerca della Sissa appena pubblicata sulla rivista “Science Advances”. 

Indagando se nel cervello di ratto esistessero neuroni in grado di risolvere il cosiddetto “problema dell’apertura”, compito essenziale ai fini di una corretta percezione del movimento, il gruppo del professor Davide Zoccolan ha registrato un particolare gruppo di cellule presenti nel cervello di questi roditori e ne ha analizzato il comportamento attraverso modelli di intelligenza artificiale che ne riproducono il funzionamento. I risultati hanno dimostrato che questi neuroni hanno effettivamente capacità paragonabili alle cellule “pattern” del nostro sistema visivo.

 

“Il campo recettivo”

 

Comprendere i processi alla base del loro funzionamento – informa Sissa – promette non solo di espandere la nostra comprensione del sistema nervoso ma anche di ispirare lo sviluppo di innovativi sistemi di visione artificiale. Questo nuovo studio prova come questi roditori siano degli ottimi modelli animali per questo scopo oltre che per studiare la visione e le situazioni in cui essa è compromessa, come nelle malattie neurodegenerative o del neurosviluppo. “Stimare la direzione lungo la quale si muove un oggetto è un’operazione molto complicata dal punto di vista percettivo. Ogni oggetto è infatti formato da molte parti diverse che, in prima approssimazione, possono essere considerate come un insieme di segmenti orientati” spiega il professor Davide Zoccolan che ha coordinato la ricerca.

Continua Zoccolan: “I neuroni negli stadi iniziali del nostro sistema visivo sono sensibili alla presenza di stimoli visivi in una porzione molto piccola del campo visivo (il loro cosiddetto “campo recettivo”), cosa che consente a ciascuno di loro di ‘vedere’ in ciascun istante solo uno di questi piccoli segmenti orientati. Nel complesso, quindi, è come se questi neuroni scomponessero l’immagine di un oggetto in tante piccole componenti, tanti piccoli tratti orientati. Questa scomposizione è un passo fondamentale nel processo che il nostro sistema visivo compie per interpretare le immagini raccolte dalla retina, ma pone un problema per quanto riguarda la percezione del movimento. Infatti, questi neuroni riescono a misurare solo la componente del moto dell’oggetto che è ortogonale al segmento orientato che ciascuno di essi codifica. Per fare un esempio: è come se noi vedessimo ciò che ci circonda attraverso un piccolo foro: il reale e completo movimento degli oggetti ci sfuggirebbe. Questo è ciò che tra gli addetti ai lavori è chiamato ‘problema dell’apertura’”.

 

I neuroni

 

Al fine di riportare in modo veritiero la direzione del movimento di un oggetto complesso, i segnali forniti da questi neuroni (detti cellule “componenti”) devono essere ulteriormente processati e integrati in modo da fornire una visione completa degli oggetti in movimento. Nei primati, questa operazione viene eseguita lungo la cosiddetta “via dorsale”, che parte dalla corteccia visiva primaria per raggiungere aree visive superiori situate nel lobo parietale, in una gerarchia di funzioni sempre più sofisticate, continua Zoccolan. Le informazioni in arrivo dalle cellule componenti arrivano quindi a un tipo di neuroni specializzati del nostro sistema visivo, le cellule pattern.

“Queste cellule processano tutti i dati in arrivo integrandoli e permettendoci così di vedere il movimento dell’oggetto nella sua interezza” spiega Zoccolan. “Nel nostro studio abbiamo indagato quali neuroni visivi corticali del ratto fossero soggetti al problema dell’apertura, comportandosi quindi come cellule ‘componenti’, e quali invece ne fossero immuni, comportandosi quindi come cellule ‘pattern'” spiega Giulio Matteucci, primo autore dello studio. “Abbiamo identificato una piccola popolazione di neuroni di quest’ultimo tipo in due aree corticali visive diverse. Il che indica che anche nel cervello dei roditori sono presenti neuroni in grado di fornire un quadro realistico del movimento degli oggetti, proprio come succede nella corteccia dei primati” continua lo scienziato. “Questo nonostante esistano delle evidenti differenze fra queste specie: nei roditori questo tipo di cellule sono infatti in un numero molto ridotto e si ritrovano sparse attraverso diverse zone della corteccia visiva, non aggregate in aree specifiche come avviene nel nostro cervello”.

 

Roditori per studiare le funzioni visive

 

Per cercare di capire se le cellule da loro osservate possano davvero essere considerate delle vere “pattern” i ricercatori hanno fatto ricorso all’intelligenza artificiale. “Ci siamo basati su delle reti neurali artificiali, modelli di apprendimento profondo in grado di riprodurre fedelmente diversi aspetti del comportamento dei neuroni visivi dei primati” continua Matteucci. Che spiega: “Solo sviluppando dei modelli predittivi basati su queste reti neurali siamo riusciti a spiegare in modo soddisfacente le risposte che abbiamo registrato dalle ‘pattern cells’ del ratto. È così che siamo riusciti a escludere le ipotesi alternative e confermare che si tratta di vere e proprie pattern cells”. “La nostra ricerca mette in evidenza alcuni elementi interessanti” spiega Davide Zoccolan. “Prima di tutto abbiamo verificato come un sistema visivo molto più semplice e molto meno gerarchico rispetto al nostro sia comunque dotato di neuroni di alto livello per la codifica degli oggetti in movimento. Questo è di grande interesse dal punto di vista comparativo. Inoltre, potrebbe stimolare nuovi studi computazionali e ispirare nuove architetture di visione artificiale”.

Il secondo elemento riguarda le prospettive per la ricerca. “Negli ultimi 15 anni, i roditori hanno cominciato ad essere molto utilizzati per studiare le funzioni visive, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. La domanda, per chi fa ricerca, è però sempre la stessa: quanto questi modelli sono rappresentativi delle nostre funzioni visive? Con questo nostro studio abbiamo portato un’ulteriore evidenza per dire: hanno funzioni simili alle nostre e quindi, sì, possono essere degli ottimi modelli”. Il futuro della ricerca ora dovrà indagare come esattamente funzionano questi neuroni così speciali nel ratto. Conclude Davide Zoccolan: “Sappiamo che si comportano come le cellule pattern, ma non conosciamo nel dettaglio i circuiti neuronali dietro a questa capacità. Rimane, questo, un punto interrogativo, da esplorare in studi futuri”.

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