Politica

Elezioni in India, Modi contro Ghandi. Alle urne oltre 900 milioni di elettori

Sono in corso dallo scorso lunedì in India le più grandi e lunghe elezioni al mondo: quasi sei settimane al termine delle quali il primo ministro uscente, Narendra Modi, spera di ottenere un secondo mandato con il suo Bharatiya Janata Party è l`Indian National Congress, il “partito del Congresso, presieduto da Rahul Gandhi, figlio di Sonia e di Rajiv. Le elezioni dei 543 membri della Lok Sabham, la camera bassa del Parlamento, si svolgeranno in sette turni tra aprile e maggio: si andrà alle urne anche il 18, il 23 e il 29 aprile ed il 6, il 12 e infine il 19 maggio. I risultati sono previsti il 23 maggio.

I 543 membri delle altrettante circoscrizioni in cui è suddivisa l’India saranno eletti con l’uninominale secca, o il first past the post, retaggio dell’amministrazione britannica durata fino al secondo dopoguerra. Quest’anno sono chiamati alle urne oltre 900 milioni di indiani, 80 milioni in più rispetto alle precedenti elezioni del 2014: per questo le elezioni in India sono considerate le più grandi del mondo per il numero di votanti. Gli elettori sceglieranno i 543 deputati che siederanno in parlamento e il partito con 272 o più seggi sceglierà il primo ministro. Se nessun partito o alleanza elettorale otterrà un numero di seggi sufficiente, potrà nascere un governo di coalizione. Modi insegue un secondo mandato con il suo BJP, che altro non è di fatto che il braccio parlamentare della potente organizzazione nazionalista indu, Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss). E punta ad una riconferma rilanciando le sue politiche nazionaliste/induiste e di sviluppo economico.

Anche quest’anno il premier ha proposto in un Manifesto presentato oggi l’idea di una “Nuova India” modernizzata e con “piena” occupazione anche se le promesse del 2014 – 10 milioni di posti di lavoro – sono state disattese. E se l’economia è cresciuta rapidamente durante il suo mandato, la disoccupazione è ancora aumentata tra i giovani. Per quest’anno Modi nel Manifesto del partito ha promesso di stanziare l’equivalente di 1044 miliardi di dollari per sviluppare le infrastrutture, creare nuovi posti di lavoro e lottare contro la povertà, riducendola ad una sola cifra, fino anche ad eliminarla nei prossimi cinque anni. Promette di nuovo di migliorare gli standard di vita dei più bisognosi, offrendo acqua corrente, luce e altra assistenza ai più bisognosi. L’India deve fare anche i conti con l’aumento esponenziale dell’inquinamento e con la siccità. L’ascesa di Modi ha anche dato ampio spazio ai gruppi della destra nazionalista indù e ha penalizzato le altre religioni nel Paese, in particolare l’islam.

Dal 2014 a oggi decine di persone sono state linciate nel nome della “venerazione delle vacche”, costume induista che ha ripreso vigore durante il suo mandato. Modi ha dovuto condannare i linciaggi. Il conflitto sulla costruzione di un tempio o di una moschea nella città santa di Ayodhya è tuttora un grave motivo di scontro tra gli indù e la considerevole minoranza musulmana. In economia, oggi Modi propone un liberismo più sfrenato, per favorire gli investimenti stranieri, e nel contempo come nel Manifesto del Bjp pubblicato a tre giorni dall’inizio della maratona elettorale, fa l’occhiolino ai contadini, centrali per la sua rielezione visto il loro altissimo numero, 264 milioni, ai quali promette di raddoppiare il loro income entro il 202 , di estendere il sussidio annuale di 6.000 rupie e di introdurre un regime pensionistico. Del resto i contadini avevano tenuto varie grandi manifestazioni negli ultimi mesi per protestare contro i crescenti delle materie prime e debiti sempre più elevati. Questioni che hanno contribuito alle sconfitte elettorali del Bjp in tre importanti Stati lo scorso anno.

Sempre nel Manifesto, il partito ha detto che si impegnerà a costruire un grande tempio per il dio indù Rama “il prima possibile e in modo armonioso”, e ad approvare un progetto di legge sulla cittadinanza che garantisca la nazionalità indiana agli indù dai Paesi vicini. Modi resta il favorito, anche se di poco per i numeri di seggi. Può senz’altro contare . Nato nello stato del Gujarat, ha trascorso gran parte della sua vita nei ranghi del Rss. Nel 2002, quando era primo ministro del Gujarat, scoppiarono rivolte che lasciarono sul terreno oltre mille morti, la maggior parte musulmani. Modi lanciò quel che divenne il “modello Gujarat”, modernizzando le infrastrutture e rendendo lo stato una destinazione privilegiata per gli investimenti. Oggi Modi vuole inoltre trasformare la sicurezza nazionale in un tema elettorale dopo l’attacco bomba in Kashmir che ha ucciso 40 paramilitari. In risposta Modi ha lanciato un attacco aereo su un presunto campo di addestramento jihadista in Pakistan, scatenando la più grave crisi militare tra i due Paesi, entrambi dotati dell’arma atomica.

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