TOI-561 b, l’esopianeta roccioso ha un’atmosfera: il segnale che cercavamo da anni
Il potente telescopio spaziale James Webb (JWST), frutto della collaborazione internazionale guidata dalla NASA, ha fornito la prima evidenza di un’atmosfera attorno a un esopianeta roccioso al di fuori del nostro Sistema Solare. Il mondo alieno, denominato TOI-561 b, orbita a 280 anni luce dalla Terra ed è stato oggetto di una ricerca cruciale pubblicata sull’autorevole Astrophysical Journal, che apre scenari inediti sulla formazione dei sistemi planetari.
Gli astrofisici, misurando la temperatura del lato illuminato, hanno rilevato dati inaspettati che indicano la presenza di un involucro gassoso, sfidando le attuali teorie sulla sopravvivenza atmosferica in condizioni estreme. TOI-561 b è uno degli oltre 6.000 pianeti extrasolari finora catalogati, corpi celesti che ruotano attorno a stelle diverse dal nostro Sole. Le attuali limitazioni strumentali, benché i telescopi siano sempre più efficienti, consentono di scovare prevalentemente mondi di grandi dimensioni o vicini alla Terra.
La casistica degli esopianeti è vastissima: si spazia dai giganti gassosi simili a Giove, fino ai meno numerosi mondi rocciosi analoghi a Terra e Venere. Fino a oggi, tuttavia, non si era mai avuta la prova certa della presenza di un’atmosfera su un pianeta roccioso alieno. Il mondo TOI-561 b è il più interno dei tre pianeti noti che compongono il sistema stellare in questione. La stella madre, di circa 10 miliardi di anni, è particolarmente antica e si trova a circa 280 anni luce da noi.
La distanza e le difficoltà nel rilevare un velo gassoso
TOI-561 b presenta caratteristiche singolari. Sebbene la sua dimensione sia di sole 1,5 volte quella terrestre, la sua orbita è estremamente stretta: si trova a soli 1,5 milioni di chilometri dalla stella, contro i 150 milioni di chilometri che separano la Terra dal Sole. Questa vicinanza si traduce in un “anno” completato in meno di 11 ore e, soprattutto, in temperature superficiali stimate capaci di fondere la roccia. La sfida di individuare un’atmosfera su un corpo così lontano e piccolo è titanica.
Per comprendere l’impresa, basta pensare alla Terra: a fronte di un diametro di quasi 13.000 chilometri, l’atmosfera rilevante si estende per un centinaio di chilometri, e la parte respirabile è ancora meno. Riducendo la Terra alla dimensione di un’anguria, l’atmosfera sarebbe più sottile di una pellicola trasparente per alimenti. Questa analogia rende evidente quanto sia straordinariamente complesso, a miliardi di chilometri di distanza, confermare la presenza di un velo gassoso e, allo stesso tempo, ne evidenzia l’estrema fragilità su cui si fonda la vita terrestre. Le condizioni di prossimità alla stella di TOI-561 b erano state considerate finora proibitive per la sopravvivenza di qualsiasi atmosfera.
In ambienti così ostili, l’intenso calore e il bombardamento costante delle radiazioni stellari dovrebbero, in teoria, spazzare via qualsiasi strato gassoso. Le precedenti osservazioni, effettuate a partire dal 2020 con altri satelliti, avevano già segnalato un’anomalia: TOI-561 b presenta una densità sorprendentemente bassa per essere un mondo puramente roccioso, suggerendo l’esigenza di una nuova spiegazione, forse legata al suo meccanismo di formazione. La presenza di un’atmosfera esterna, quindi, potrebbe essere l’elemento che risolve l’enigma della bassa densità.
Il Webb rivoluziona i dati con una misurazione cruciale
Il team internazionale di astrofisici ha deciso di utilizzare il JWST proprio per dirimere la questione. Nel maggio del 2024, il telescopio spaziale è stato puntato su TOI-561 b per misurare la temperatura del suo lato diurno. I sofisticati strumenti del Webb hanno rilevato una temperatura di soli 1.700 gradi Celsius, un dato circa 1.000 gradi inferiore a quanto previsto dai modelli teorici che ipotizzavano l’assenza di atmosfera. Il divario è risultato troppo ampio per essere ignorato. A questo punto, gli scienziati hanno avviato una serie di simulazioni computerizzate per giustificare il significativo scarto termico.
Il risultato è stato inequivocabile: l’unica spiegazione plausibile per un tale “raffreddamento” è la presenza di un’atmosfera. L’involucro gassoso non solo esisterebbe, ma i forti venti generati dalla differenza di temperatura con la superficie del pianeta contribuirebbero attivamente a distribuire il calore, consentendo così la temperatura più bassa effettivamente riscontrata dal telescopio. Questa scoperta non è solo un successo tecnico, ma una rivoluzione concettuale che costringe a riconsiderare i criteri di potenziale abitabilità o, quantomeno, di sopravvivenza atmosferica nei sistemi stellari.
