Cronaca

Esplode tubo metanodotto nell’Agrigentino, crolla palazzina di 4 piani

Un forte boato e poi il crollo di una palazzina di 4 piani a Ravanusa, in provincia di Agrigento, forse per lo scoppio di un tubo del metanodotto. Coinvolti almeno 5 edifici. Sotto le macerie si cercano 11 persone tra cui tre bambini e una coppia di sposi con lei incinta. I vigili del fuoco, dopo ore, hanno domato le fiamme sprigionatesi dallo scoppio. Una donna è stata individuata sotto le macerie. E’ viva ed urla. Un intero quartiere nel centro del Comune è stato devastato. Lo scoppio non sarebbe stato causato da una bombola di gas, come si pensava in un primo momento. A provocare l’esplosione e l’incendio invece sarebbe stato lo scoppio di un tubo del metanodotto cittadino.

Danni anche ad alcuni edifici limitrofi per un’area interessata di almeno 1000 metri quadrati. Sono già partite da Palermo e da Catania squadre speciali Usar dei Vigili del fuoco per aiutare nella ricerca dei dispersi. Nelle immagini postate dai residenti della città sui social si vedono calcinacci, pezzi d’infissi e altri detriti sparsi per decine di metri nella zona intorno all’edificio devastato dall’esplosione, mentre suonano, impazziti, gli allarmi di alcune auto e di alcuni appartamenti. “Mamma mia, mamma mia, un disastro” hanno esclamano in molti davanti alla scena di distruzione. “Sembra Beirut”. “Le immagini che ci arrivano da Ravanusa con vetri rotti, detriti a terra e macerie, calcinacci scagliati a decine di metri dal luogo dell’esplosione», ha detto all’Adnkronos Salvo Cocina, il capo del dipartimento regionale della Protezione Civile. “Siamo pronti a cercare tra le macerie non appena l’area sarà messa in sicurezza”.

Oltre alla palazzina, di 4 piani e che conterebbe 10 appartamenti, crollata in via Galilei a Ravanusa, a essere coinvolti dall’esplosione ci sarebbero anche 4 edifici che sarebbero stati danneggiati dall’onda d’urto del boato che ha completamente devastato la palazzina. Sarebbero decine gli sfollati che sono stati fatti uscire dagli edifici e allontanati anche per lasciar il campo libero ai soccorsi. Il boato che ha squarciato il silenzio di Ravanusa è avvenuto verso le 20.30 di ieri sera. Nel paese di oltre 10 mila abitanti a 50 minuti di auto da Agrigento e a più di due ore da Palermo, la gente è scesa in strada impaurita. Poi col passaparola si è capito dove fosse avvenuta la deflagrazione. Gli allarmi delle auto e di alcune abitazioni hanno cominciato a suonare. Dagli edifici vicini sono scesi in strada gli abitanti terrorizzati che hanno visto le fiamme alte levarsi dalle macerie di una palazzina di quattro piani.

Calcinacci pezzi d’infisso, porte sono state scagliati a decine di metri dal luogo dell’esplosione. Sono giunti quindi i carabinieri, i Vigili del fuoco e le ambulanze. L’energia elettrica è stata tolta in tutta la zona dove sono affluite centinaia di persone: “Mamma mia, mamma mia, un disastro” esclamano. Tre squadre di volontari (Procivis, guardia costiera ausiliaria e Croce rossa) hanno raggiunto Ravanusa per i soccorsi, annuncia il sindaco di Licata, Pino Galanti. Sul posto sono intervenuti anche i Vigili del fuoco di Canicattì, Agrigento e Licata che hanno dovuto innanzitutto domare le fiamme che si sono sviluppate nell’esplosione. Il sindaco di Ravanusa, Carmelo D’Angelo, con una diretta Facebook, ha lanciato un appello: “Chiunque abbia autobotti e mezzi meccanici ci dia una mano. È un disastro”. 

“Sono vicino alla comunità di Ravanusa che sta vivendo momenti di apprensione in seguito all’esplosione” ha detto l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano. “Prego per quanti si stanno impegnando nel contenere il pericolo e per accertare la sperata assenza di vittime. Il Signore ci mantenga forti nella tribolazione e aperti alla speranza”. Il Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, commentando l’accaduto, ha detto che “questo è il momento dei soccorsi. Domattina (oggi, ndr), quando interverrà la squadra speciale dei vigili del fuoco da Palermo, interverrà anche la Procura. Al momento abbiamo notizie di dispersi, dobbiamo aspettare e capire”.

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