Economia

Euro digitale sempre più monco, duro confronto tra Commissione Ue e Bce

L’euro digitale entra nella fase più delicata lunedì 17 novembre alle 17, quando il Parlamento europeo esaminerà emendamenti che ne ridimensionano l’impianto e aprono un confronto politico e bancario sul suo futuro operativo.

Prime frizioni nel percorso legislativo

L’audizione di Piero Cipollone, membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea (Bce), arriva in un passaggio critico del progetto sull’euro digitale, la valuta elettronica di banca centrale (Central Bank Digital Currency, Cbdc) in sviluppo dal 2020.

Dopo il via libera di Firenze alla nuova fase operativa, gli equilibri sono cambiati quando il relatore del Parlamento europeo, lo spagnolo Fernando Navarrete Rojas del Partito popolare europeo, ha presentato il 3 novembre emendamenti che limiterebbero il progetto alla sola componente offline. La versione online sarebbe invece resa possibile solo se l’Unione europea non disponesse di soluzioni sovrane alternative nei pagamenti digitali. Secondo Navarrete, questa impostazione garantirebbe stabilità finanziaria e sovranità europea senza creare un sistema pubblico parallelo in grado di indebolire l’offerta privata.

Una proposta che cambia la cornice

La mossa di Navarrete è letta come una revisione strutturale più che come un’opposizione di principio. La centralità attribuita alla funzionalità offline, ancora da definire tecnicamente, la trasforma in una rete di sicurezza contro la frammentazione del mercato, ridimensionando l’architettura delineata dalla Commissione europea e sostenuta dalla Bce.

L’intervento apre anche un possibile fronte istituzionale tra le due autorità, entrambe impegnate a ridurre la dipendenza dell’Unione da piattaforme extraeuropee nei pagamenti digitali. A rendere il quadro più complesso interviene inoltre il settore bancario: grandi gruppi come Abn Amro, Bnp Paribas, Crédit Agricole, Deutsche Bank, Ing e Société Générale, promotori del sistema Ue “Wero”, sostengono che l’euro digitale rischierebbe di sovrapporsi ai servizi privati senza offrire benefici concreti agli utenti.

Pressioni del settore e reazioni istituzionali

Nella vigilia dell’audizione, Cipollone ha evitato commenti sugli emendamenti, ricordando che altri eurodeputati potranno intervenire con ulteriori modifiche. Il banchiere ha ribadito che la Bce mira a una legge entro il 2026, così da avviare sperimentazioni pilota a metà 2027 ed eventualmente l’emissione nel 2029.

Ha inoltre contestato l’idea che l’euro digitale possa interferire con le soluzioni private, indicando tre benefici principali: minori costi per i sistemi di pagamento transfrontalieri; disponibilità di un’infrastruttura pubblica comune per servizi complementari; possibilità di introdurre pagamenti condizionati più avanzati. Dal fronte italiano, l’Associazione bancaria italiana, tramite il presidente Antonio Patuelli, riconosce l’esigenza europea di ridurre le dipendenze esterne ma chiede attenzione al bilanciamento tra iniziative pubbliche e private.

Una discussione sempre più politica

Il confronto sta assumendo un profilo politico crescente. La presidente della Commissione Affari economici e monetari, Aurore Lalucq dei Socialisti e democratici, sostiene con decisione l’euro digitale, ma alcuni suoi interventi pubblici rischiano di polarizzare il dibattito, associando le critiche al progetto a posizioni riconducibili all’estrema destra.

Dopo cinque anni di lavori preliminari, la discussione parlamentare entra così in una fase nuova e più complessa, trasversale ai gruppi politici e destinata a incidere sul calendario del negoziato tra Commissione, Consiglio e Parlamento. L’audizione del 17 novembre rappresenta un passaggio decisivo per capire se il percorso dell’euro digitale potrà proseguire senza ulteriori ritardi o se le nuove resistenze apriranno una fase di rallentamento strutturale.

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Redazione