Politica

Eurogruppo, accordo nella notte su Grecia. Nuova trance di aiuti. Fmi torna a bordo

Si è conclusa positivamente alle due di notte a Bruxelles, dopo 11 ore di negoziato spesso frammentato in incontri ristretti fra i protagonisti principali, la riunione di ieri dell’Eurogruppo sulla Grecia. L’accordo finale, descritto in un lungo e complicatissimo testo di conclusioni dell’Eurogruppo, approva le dure misure prese da Atene per soddisfare le richieste dei creditori e prevede innanzi tutto che la Grecia possa supplire ai propri bisogni di finanziamento a breve termine con una nuova “tranche” di prestiti dell’Eurozona (la seconda del terzo programma di salvataggio) da 10,3 miliardi di euro, di cui 7,5 miliardi entro giugno, e il resto in ottobre. Il negoziato si è svolto in un clima piuttosto disteso, molto diverso da quello delle drammatiche notti, soprattutto l’anno scorso, in cui sembrava non esserci più alcuna fiducia reciproca fra la Grecia e i suoi creditori. Ma, soprattutto, l’accordo permette di ricucire lo strappo fra l’Eurozona e il Fmi, che finora non aveva voluto partecipare al terzo programma concordato l’estate scorsa perché considerava che il debito greco non fosse sostenibile senza un suo ulteriore e cospicuo alleggerimento (soprattutto attraverso un prolungamento a lunghissimo termine delle scadenze di rimborso). E’ sui termini di questo alleggerimento ci si sono manifestate le difficoltà maggiori a trovare un accordo, viste in particolare le forti resistenze tedesche. E nonostante il fatto che sia proprio la Germania lo Stato membro che insiste di più perché il Fmi continui a partecipare pienamente al programma per la Grecia.

Alla fine, fatto salvo il principio per cui non ci sarà nessun “haircut”, ovvero un taglio netto del valore nominale del debito greco (il “principale”) – secondo l’accordo unanime dell’Eurogruppo – si è concordato che sarà alleggerito l’onere del debito, cioè quello che la Grecia paga in interessi ai suoi creditori ogni anno, ma senza entrare nei dettagli delle misure che saranno prese a lungo e lunghissimo termine, che saranno decise e quantificate solo nel 2018, alla fine del terzo programma greco e a condizione che sia stato attuato con successo. E’ la maggiore concessione che ha fatto il Fmi, che inizialmente chiedeva di decidere le misure di alleggerimento del debito all’inizio (e non alla fine) del programma deciso nell’agosto scorso, come condizione per parteciparvi. Su questo punto è passata la linea tedesca del “falco” Wolfgang Schaeuble, il ministro delle Finanze, che ora non dovrà presentare al Bundestag una decisione di alleggerire il debito greco prima delle elezioni in Germania, previste alla fine del 2017. Sono comunque state prese alcune decisioni che renderanno più gestibile l’onere del debito greco a breve termine, con una riduzione degli interessi che Atene avrebbe dovuto pagare nel 2017 sui prestiti ricevuti col secondo programma (dell 2012) e un adattamento al livello bassissimo attuale degli interessi pagati all’Esm (Meccanismo europeo di Stabilità, il fondo garantito dai paesi dell’Eurozona che finanzia i prestiti con emissioni sul mercato).

Inoltre, e questo è particolarmente importante per il Fmi, anche se le misure di medio e lungo termine non sono state quantificate, si è deciso di fissare un parametro importante per la sostenibilità delle finanze di Atene, fissando praticamente un tetto complessivo agli oneri del debito che la Grecia dovrà pagare ogni anno: il fabbisogno lordo di finanziamento (“gross financial needs”) del Paese non dovrà superare il 15% del Pil nel medio termine e il 20% successivamente. Un altro elemento di discordia fra l’Eurozona e il Fmi riguardava l’avanzo primario (ovvero il bilancio al netto degli interessi sul debito) chiesto alla Grecia. L’Eurogruppo (soprattutto su spinta di Shaeuble) chiedeva che raggiungesse il 3,5% del Pil a partire dal 2018 e poi si mantenesse su questo livello negli anni successivi. Per il Fmi, invece, mantenere per anni un avanzo primario così consistente sarebbe un obiettivo troppo ambizioso e insostenibile per un paese piegato da una crisi gravissima e lunghissima come la Grecia, e sarebbe più realistico limitarsi all’1,5% del Pil.

Alla fine, si è deciso di lasciare solo l’obiettivo del 3,5% per il 2018, senza precisare se debba essere mantenuto successivamente. A questo punto, la decisione del Fmi di “tornare a bordo” del programma greco sarà raccomandata dal management al board del Fondo per essere presa entro la fine del 2016. Erano poco controversi, infine, gli altri due elementi della discussione, che sono passati senza difficoltà e hanno consentito la conclusione positiva della prima “review” (verifica) del terzo programma, aprendo la strada all’esborso della “tranche” da 10,3 miliardi di euro: da una parte le notevoli riforme strutturali che Atene ha effettivamente già approvato per legge (la riforma delle pensioni, l’aumento dell’Iva, la creazione di uno strumento per gestire i crediti deteriorati del sistema bancario e la creazione del Fondo per le privatizzazioni); dall’altra il cosiddetto meccanismo di contingenza (voluto in particolare dal Fmi, ma anche da Berlino), che farà scattare tagli di bilancio o aumento di introiti fiscali automatici e “orizzontali” (fatti salvi alcuni settori prioritari) nel caso in cui non sia raggiunto l’obiettivo fissato per l’avanzo primario.

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