Secondo Palombella, le uniche manifestazioni di interesse arrivate sul tavolo del Governo sono state presentate da due fondi di investimento privi di solide basi industriali e con proposte economiche giudicate irrilevanti. Per i metalmeccanici della Uilm, questo scenario dimostra che dopo tredici anni di trattative, commissariamenti e piani industriali mai decollati, l’ex Ilva è arrivata al capolinea.
Il sindacato avverte che la posta in gioco è altissima: oltre 20 mila lavoratori e intere comunità rischiano di essere travolti da una crisi che combina instabilità economica, emergenza ambientale e tensione sociale.
Alla difficile partita industriale si aggiungono le condizioni sempre più critiche degli stabilimenti. Lo stesso Palombella segnala un uso crescente della cassa integrazione e la continua instabilità degli impianti. L’unico altoforno operativo ha subito un ennesimo guasto tecnico che ne ha imposto lo stop temporaneo, mentre i bilanci aziendali registrano perdite rilevanti. Questo quadro rende l’azienda incapace di pianificare investimenti a lungo termine e di garantire la sicurezza dell’impianto e dei dipendenti.
Per il leader metalmeccanico la strada è una sola: l’ingresso diretto dello Stato nella gestione, sul modello di quanto avvenuto in passato in Paesi come la Gran Bretagna. Palombella non lascia margini di ambiguità: “È il momento del coraggio e della responsabilità da parte delle istituzioni. Non siamo mai stati così vicini alla chiusura: serve un atto netto e immediato per tutelare il Paese e i lavoratori”.
Nessuno “spezzatino” degli impianti, nessuna svendita dei singoli siti: la Uilm boccia in anticipo qualsiasi operazione parziale e chiede un incontro urgente a Palazzo Chigi per avere indicazioni concrete sul futuro dell’ex Ilva. “Abbiamo le ore contate”, conclude Palombella lanciando un ultimo, drammatico appello alla politica.
Il segretario generale della Fim, Ferdinando Uliano, dal canto suo, denuncia che “non esiste oggi un’offerta credibile da parte di un gruppo industriale disposto ad acquisire l’intero perimetro produttivo” dell’ex Ilva. Secondo il sindacalista, “un asset strategico di questa portata non può essere smembrato né abbandonato a soluzioni tampone”. Uliano avverte che “senza un progetto industriale unitario, in grado di rilanciare la produzione di acciaio di alta qualità e a basse emissioni, il rischio è quello di una deriva drammatica sul piano sociale e di un fallimento imbarazzante per il nostro Governo”.
La richiesta è categorica: “Non ci sono più alibi: lo Stato deve mettersi alla guida di un piano serio e lungimirante”, pretendendo anche dall’imprenditoria italiana “un impegno concreto, che vada oltre logiche speculative e frammentarie”. Il segretario conclude che “il Paese non può permettersi l’ennesimo rinvio” e annuncia di aver “chiesto con forza un incontro urgente con la Presidenza del Consiglio”, definendo questa convocazione “non più procrastinabile”. L’obiettivo finale: “Lo Stato deve assumere fino in fondo il ruolo di primo attore nel rilancio di tutti gli stabilimenti del gruppo ex Ilva”.