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Ex vice Bush, Cheney muore per polmonite: il voto a Harris fu la sua ultima sfida al GOP

Dick Cheney,

Dick Cheney, ex vicepresidente degli Stati Uniti durante i due mandati di George W. Bush dal 2001 al 2009, è morto ieri all’età di 84 anni per complicazioni legate a una polmonite e problemi cardiovascolari. La famiglia ha reso noto il decesso, avvenuto con i cari al capezzale, ponendo fine a una carriera che ha ridefinito il potere esecutivo a Washington.

La famiglia Cheney ha diffuso un comunicato ufficiale nel quale si legge che “la sua amatissima moglie da 61 anni, Lynne, le figlie Liz e Mary, ed altri membri della famiglia erano con lui al momento della morte”.

Il decesso è stato riportato dalla Cnn, che ha sottolineato come Cheney, sopravvissuto a una serie di infarti cardiaci, avesse ricevuto un trapianto di cuore nel 2012. In un’intervista del 2014, lo stesso Cheney descrisse quell’intervento come “il dono stesso della vita”, che gli permise di vivere oltre dieci anni in più. Nonostante le precarie condizioni di salute, Cheney non interruppe mai del tutto la sua attività politica fino al ritiro dalla vita pubblica.

Cheney, il più influente vice alla Casa Bianca moderna

Cheney emerge come la figura più potente tra i vicepresidenti americani dell’era contemporanea, secondo analisi di storici e osservatori di Washington. Al fianco di Bush, fu il principale artefice della strategia antiterroristica lanciata dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, che culminò nell’invasione dell’Iraq nel 2003. Per decenni, Cheney esercitò un’influenza senza precedenti sul Congresso e sulle agenzie federali, modellando politiche estere e interne con un approccio conservatore intransigente. La sua ascesa politica, iniziata negli anni Settanta come capo di gabinetto alla Casa Bianca di Gerald Ford, lo vide ricoprire ruoli chiave in vari governi repubblicani, consolidando un network di potere che lo rese una costante nelle stanze del decisionismo statunitense.

Critiche a Trump e l’ultimo voto a Harris

Negli ultimi anni, tuttavia, Cheney fu progressivamente emarginato dal Partito repubblicano per le sue feroci critiche a Donald Trump, definito un “codardo” e la “più grande minaccia di sempre per la repubblica”. Questa rottura con il trumpismo, che ha ridefinito il conservatorismo americano, culminò nel 2024 con il suo endorsement pubblico a Kamala Harris nelle elezioni presidenziali. Come nota la Cnn, quel voto rappresenta un’ironica chiusura per una carriera leggendaria: Cheney, pilastro del GOP (Grand Old Party, il partito repubblicano) tradizionale, vide il suo partito voltargli le spalle in nome di una linea populista. Le implicazioni di tale frattura persistono, con figlie come Liz Cheney che continuano a opporsi al trumpismo, influenzando dibattiti interni al partito su valori e alleanze.

Le reazioni immediate non si sono fatte attendere. George W. Bush ha espresso “profondo cordoglio” in un breve statement, definendo Cheney “un patriota instancabile e un amico leale”. Dal fronte democratico, Harris ha twittato: “Il suo coraggio nel difendere la democrazia ci ispira tutti”. Analisti prevedono funerali di Stato entro una settimana, con probabili omaggi bipartisan al Campidoglio. Il Congresso, meanwhile, potrebbe rivisitare archivi Cheney per contestualizzare eredità controverse come le torture post-11 settembre, mentre il GOP naviga tensioni post-elettorali.

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Redazione