False diagnosi tumori per operare, in menette 3 medici a Messina. Università: “Saranno adottati provvedimenti”

25 giugno 2016

Certificavano l’esistenza di tumori per impiantare protesi. Per ogni paziente, mettevano in tasca qualche migliaio di euro. Un consolidato modus operandi andato avanti per oltre due anni e che ha fatto scattare le manette per tre medici di Messina. Letterio Calbo, 67 anni, ex direttore del reparto di endocrinologia del Policlinico di Messina; il figlio Enrico 39 anni, specializzando; Massimo Marullo, 59 anni, vicedirettore dello stesso reparto, sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, dei reati di falso materiale e falso ideologico, peculato e truffa aggravata, consumati nell’esercizio delle loro funzioni di dirigenti medici dell’Azienda ospedaliera della città dello Stretto. Secondo gli inquirenti, i medici mascheravano gli interventi di chirurgia estetica additiva (mastoplastica), certificando l’esistenza di patologie oncologiche. Addirittura, in alcuni casi, si era reso necessario, per la paziente, un secondo intervento per la sostituzione delle protesi difettose, in precedenza impiantate. Interventi che venivano fatti anche da Enrico Calbo, che essendo uno specializzando, non ne aveva titolo.

In sostanza, un programma “criminoso”, ben rodato, che implicava il direttore del reparto nella sistematica alterazione della documentazione clinica, con l’effetto di trarre in inganno sia le pazienti, sia l’Azienda ospedaliera. Alle pazienti, come detto, veniva richiesto il pagamento delle protesi impiantate, per importi di qualche migliaio di euro, di cui i medici si appropriavano (ovviamente, in nero) omettendo di dichiarare all’azienda sanitaria sia l’indebito compenso ricevuto, sia l’impiego di una diversa tipologia di protesi, rispetto a quelle in uso alla farmacia del Policlinico, e ciò, in palese violazione del protocollo sanitario. Inadempienza resa possibile grazie all’apposizione sulle cartelle cliniche di etichette non corrispondenti a quelle delle protesi impiantate. Ma, ovviamente, il danno economico arrecato all’ospedale, non si limitava soltanto al mancato versamento delle somme corrisposte dalle pazienti, essendo aggravato dalla regolare utilizzazione di sale operatorie e apparati della struttura pubblica.

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La truffa ai danni del sistema sanitario regionale, invece, si verificava perché venivano segnalati falsamente come interventi chirurgici rientranti nella casistica dei Livelli essenziali di assistenza, ovvero operazioni cliniche non coperte, in tutto o in parte, dal Servizio sanitario regionale, per i quali non era quindi dovuto il rimborso. La complessa attivita’ d’indagini della polizia giudiziaria di Messina, è iniziata a giugno 2013, e aveva preso le mosse dopo una segnalazione pervenuta dalla direzione generale dell’Aou (parallela ad attivita’ ispettiva interna all’azienda sanitaria e che aveva dato luogo a delle sanzioni disciplinari) in ordine ad anomalie riscontrate in alcuni interventi eseguiti nel periodo 2012-13. Intanto, l’Università di Messina, comunica che “una volta che verranno notificati gli atti relativi” a carico dei medici, “saranno adottati i provvedimenti del caso di concerto con l’Azienda”.

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