Un verdetto netto e imprevisto rimette in moto l’instabilità politica francese: il governo centrista guidato da François Bayrou è stato sfiduciato dall’Assemblée Nationale dopo meno di nove mesi. L’Eliseo attende ora le dimissioni formali del premier e prepara la nomina di un successore.
Il parlamento ha respinto la fiducia con un margine che ha sorpreso i calcoli della vigilia: 364 voti contrari, 194 favorevoli, 25 astenuti. La differenza tra i sì attesi e quelli effettivamente depositati nelle urne ha raccontato la verità politica della giornata: la coalizione di maggioranza non ha tenuto.
Bayrou si recherà domani mattina all’Eliseo per consegnare le dimissioni nelle mani del presidente Emmanuel Macron. Dall’Eliseo è filtrato un unico messaggio istituzionale: Macron “prende atto” e nominerà un nuovo primo ministro “nei prossimi giorni”.
Davanti ai deputati, il primo ministro ha pronunciato un discorso accorato e combattivo, con la voce segnata dalla raucedine: “Ho voluto io questa prova”, ha detto. “Il rischio più grande sarebbe stato non correre rischi”, ha aggiunto, difendendo il piano di risanamento che aveva posto all’ordine del giorno.
Al centro del discorso la cifra che ha guidato la campagna di Bayrou: il debito pubblico. “La riduzione del debito è una questione di urgenza vitale”, ha avvertito, ricordando numeri e proiezioni che rinsaldano l’argomento del governo sul piano economico e morale del risanamento.
“Ogni anno la Francia produce debito per circa 50 miliardi di euro”, ha scandito Bayrou, spiegando che le annualità da versare sono aumentate da circa 30 miliardi nel 2020 a 67 miliardi oggi e che, secondo la Corte dei Conti, potrebbero raggiungere 107 miliardi entro la fine del decennio.
Il cuore della crisi: debito, produzione e scuole in affanno
Il premier ha dipinto un quadro strutturale: calo della produzione nazionale già dal 2000, ritardi nell’istruzione che compromettono la formazione dei giovani, una crisi abitativa, emergenza climatica e tensioni sulle migrazioni e l’integrazione. “La Francia è una magnifica cattedrale da ricostruire”, ha detto, “ma dobbiamo prima controllare le nostre spese”.
Bayrou ha trasformato il tema economico in un imperativo civico: “La sottomissione al debito è come la sottomissione alla forza militare: sottomessi dalle armi o dai creditori, in entrambi i casi perdiamo la nostra libertà”, ha ammonito, evocando una presa di coscienza nazionale e proponendo un piano per riportare il deficit al 3% del Pil entro il 2029.
Ha poi invitato a responsabilità generazionale: “Mi ha colpito vedere quanto i giovani si sentano una generazione sacrificata”, ha dichiarato, promettendo misure per alleggerire il peso sulle nuove generazioni e sottrarle alla “schiavitù” dell’indebitamento.
Bayrou ha insistito che il suo piano, se attuato, avrebbe fermato l’aumento assoluto del debito in quattro anni, riaprendo spazio alla crescita generata da lavoro, inventiva e fiducia ritrovata. Un appello alla moderazione di sacrifici, ma soprattutto a una riorganizzazione delle priorità pubbliche.
All’opposizione, il premier ha contrapposto un avvertimento: non si possono cancellare i vincoli della realtà con slogan politici. “Potete far cadere il governo, non potete cancellare la realtà”, ha affermato, prima di concludere il suo intervento che è durato 45 minuti, tra applausi e fischi.
Opposizioni compatte, Macron al centro della bufera
Il voto ha fotografato una convergenza di forze: la gauche e l’estrema destra, oltre a segmenti critici dell’area centrista, hanno preferito respingere il piano del premier. Marine Le Pen ha evocato la necessità di una dissoluzione dell’Assemblea “non come opzione, ma come obbligo”. Jean-Luc Mélenchon ha chiesto le dimissioni di Macron e ha annunciato una mozione di sfiducia contro il capo dello Stato.
Per Manuel Bompard di France Insoumise la caduta del governo è “un sollievo” e l’occasione per voltare pagina rispetto al macronismo. Il Partito Socialista, con parole di Boris Vallaud, ha spiegato che il no alla fiducia significa proporsi “pronti, con la sinistra e gli ecologisti, a governare”.
L’esito è stato commentato all’estero. In Italia il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sottolineato il rischio di danni economici derivanti da una Francia instabile e ha invocato la necessità che Macron risolva la crisi per preservare la stabilità europea in un momento di tensioni internazionali.
All’Eliseo filtra la volontà di limitare i danni istituzionali: Macron “prende atto” e procederà alla nomina di un successore. Ma la scelta del nuovo primo ministro e la composizione di una maggioranza che tenga saranno passaggi delicati, che richiederanno capacità di mediazione e calcoli politici complicati.
Per il quadro europeo la posta è alta: dalla gestione del conflitto in Ucraina ai negoziati commerciali con gli Stati Uniti, passando per l’impegno comune su Medio Oriente e pace, una Francia instabile riduce la capacità di azione dell’Unione tutta.
Conseguenze immediate e scenari aperti
La caduta di Bayrou segna la chiusura di un capitolo breve ma intenso. Per Macron si apre una fase di pressione su più fronti: trovare un successore che possa ricostruire una maggioranza, gestire le tensioni sociali e presentare soluzioni credibili per il consolidamento delle finanze pubbliche.
Il dibattito politico ora potrà polarizzarsi ulteriormente: chi chiede misure di austerità strutturali e riforme, chi invoca redistribuzione e oneri sui grandi patrimoni. Bayrou aveva indicato la possibilità di chiedere contributi mirati ai redditi e patrimoni più elevati, ma la discussione resta aperta e divisiva.
In Europa, osservatori e partner attendono il prossimo passaggio: la designazione del nuovo governo e la sua capacità di mettere in campo misure credibili. Nel frattempo, la politica francese rientra in un circuito di correzioni, trattative e incertezze che potrebbero protrarsi per settimane.
Alla vigilia della presentazione formale delle dimissioni, il quadro resta fluido: scenari che vanno dall’accordo tra forze moderate a una possibile contrapposizione polarizzata che riapra la strada a elezioni anticipate, disegno che però per ora resta allo stato delle ipotesi.